LUCA
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Chi è qui?
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QUA.
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Signore...
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LUCA
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Chi vi ha aperto l'uscio?
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QUA.
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Trovailo aperto.
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LUCA
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I servidori al solito
Del
voler del padrone all'incontrario
Voglion
far sempre. Mai le porte chiudono,
E vien chi vuole.
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QUA.
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Non montate in collera,
Signor,
per me: che sol da voi conducemi
cosa che a mio parer non vi può offendere.
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LUCA
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Che volete da me?
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QUA.
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Vi vuò proponere
Un
buon negozio. Conoscete Orazio,
Figlio
d'Anselmo, quel modesto giovane
Venuto
da Pavia fuor di collegio,
Che
la legge studiò sotto al Menocchio,
E sta qui dirimpetto...
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LUCA
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Sì, conoscolo.
Pria
d'inoltrarmi in un discorso inutile,
S'ei
vi mandasse Caterina a chiedermi,
La
negativa alla richiesta anticipo.
Non la vuò maritar.
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QUA.
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(Corpo del diavolo!
I
trenta ruspi se ne vanno in polvere;
Ma se ingegno mi val, non li vuò perdere).
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LUCA
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(Ho conosciuta l'intenzion del giovane).
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QUA.
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Signor,
per dire il vero, in parte astrologo
Siete,
ma non del tutto. Io vengo a chiedervi
Per
Orazio una donna, egli è verissimo,
Ma
non è questa Caterina; ei priegavi
Che gli accordiate per isposa Placida.
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LUCA
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La serva chiede?
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QUA.
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Per l'appunto; ei spasima
Per amor suo.
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LUCA
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Dove si vanno a perdere
I
giovincelli che non han giudizio!
Ci
pensi bene, che non è a proposito
Sì vil
partito per un uom che al nobile
Studio
legal fu consacrato e dedito.
Se
vivesse suo padre, udrialo fremere
Di
tal bassezza, e non ho cuor di perdere
Coll'opra
mia nel fior degli anni il misero,
Acceso troppo dell'amor dal fomite.
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QUA.
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Signor, sappiate ch'ei lo fa per debito.
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LUCA
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Come!
che dite? nella casa propria
Di
messer Luca il giovin temerario
Tentò la serva, e l'ebbe a beneplacito?
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QUA.
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Non
dico questo. Ma sentite: l'avolo
D'Orazio,
che morì di beni carico
Lasciando
il figlio erede fiduciario,
Ordinò
che il nipote, di cui trattasi
Sposar
dovesse una fanciulla povera.
E
siccom'era il testator bassissimo
Di
natali, e morì con quelle massime
Colle
quali era nato, in un articolo
Dice
del testamento, che abbia ad essere
Del
nipote la sposa affatto ignobile.
E
rende la ragion, così spiegandosi:
Non
vuò che i beni miei, che sudor costanmi,
Una
pazza li sciupi e li dilapidi;
E
ritrovar la vanità è più facile
In
donna che abbia nobil sangue o titoli.
Così
voglio e comando (a dire ei seguita),
E
chi ricusa il testamento adempiere,
Privo di tutto in saeculorum saecula.
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LUCA
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Al
senato l'erede può ricorrere;
Far
dichiarare il testamento inutile,
E ab
intestato conseguire i redditi
Dell'avo suo.
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QUA.
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Ed una lite accendere
Con
i chiamati, e nella lite spendere
L'eredità
pria di vederne l'esito.
Egli
vuol la sua quiete. Alfin ricordasi
Che
il padre suo fece lo stesso, e in animo
Fiso
ha di prender donna di suo genio,
Sia
serva, sia villana, o rivendugliola
Del Verzè, della Piazza o del Carubio.2
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LUCA
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Vano
è, quando ha fissato, ogni consiglio.
Posto
ch'egli abbia a prendere una povera
Ma
onorata fanciulla, ei non può sciegliere,
Per dir il ver, giovin miglior di Placida.
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QUA.
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Gliel'accordate adunque?
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LUCA
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Per me accordola,
Per
quanto puossi il mio consiglio estendere;
Ma ella dee contentarsi.
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QUA.
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Tanto stolida
Non
la cred'io, che al ben voglia resistere,
Per istar peggio.
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LUCA
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Parlerò alla giovine.
Sentirò come pensi.
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QUA.
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Permettetemi,
Che
introdur possa il giovinetto Orazio
A
ringraziarvi del cortese animo,
Che per lui dimostrate.
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LUCA
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Quando comodo
Gli tornerà, venga egli pur, ch'i' attendolo.
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QUA.
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Eccolo qui. Signore, approssimatevi.
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LUCA
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Stava qui dunque?
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QUA.
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Egli è rispettosissimo;
Non ardiva venire. Via, movetevi.
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