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CAT. |
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Ah mirami. Caterina, idol mio; non esser timida Soverchiamente con chi t'ama. Un termine Diasi al rispetto, e là dove finiscono Gli affetti di pupilla, abbian principio Quelli di sposa. Io non di padre i soliti Severi uffici ad usar teco apprestomi, Ma di marito i genïali e teneri Amplessi, e i dolci modi. Deh, a me volgansi Le tue luci serene... ahimè! le lacrime Ti distillan dagli occhi? O verecondia, Tesoro di donzella inestimabile, Scostati ormai all'apparir del fulgido Santo foco d'amor, che a Imene è socio. O bella faccia di colei che accendemi, Lascia la terra di mirar, sollevati Ver quella parte ove dibatte ed agita L'ali Cupido consigliero e pronubo. Quel che ti parla, non è già un estranio Sconosciuto amatore, ond'esser pavida Facciati il dubbio di un amor fantastico. Chi ti amò come padre, molto meglio Ti sarà sposo. Ma tu taci? e in copia Mandi le stille che il bel seno irrigano? Vieni, fa cuor; la bella man deh porgimi; |
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CAT. |