Carlo Goldoni
La pupilla

ATTO QUARTO

SCENA TERZA   Orazio, Placida

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SCENA TERZA

 

Orazio, Placida.

 

ORA.

Emmi permesso penetrar le soglie

Dove il mio cuore in bella spoglia annidasi?

PLA.

Parmi che amor dovrebbe più sollecito

Avervi reso; color che ben amano,

Soffrono a stento di lontano vivere

Dalla sua fiamma.

ORA.

Ma per lo contrario,

In casa d'altri i costumati temono

Esser cagione di soverchio tedio.

S'ei, messer Luca, non ha di che opponere

Al desiderio che mi sprona e accelera,

Oggi le nozze fra di noi potrebbono

Esser concluse.

PLA.

Messere, io m'immagino,

Lascierà che da voi s'abbia a disponere

Il tempo e il loco.

ORA.

Per me son prontissimo

Anche ora, se il vuol, la mano a porgere

Alla mia bella.

PLA.

Il sere e i testimoni

Per far la scritta parmi vi abbisognino.

ORA.

Ci saran tutti. Stanno giù nell'andito

Aspettando un mio cenno per ascendere

Ogni un di loro il loro ufficio a compiere.

PLA.

Se vi piace così, dunque chiamateli.

ORA.

Messer Luca dov'è?

PLA.

S'egli non trovasi

Presente all'atto, non importa. Ei lasciami

Sola padrona di disporre, e bastano

Il voler vostro e il voler mio a concludere.

ORA.

Tale ho di voi concetto, che vuò credere

Quel che mi dite. Gli sponsali or compiansi.

PLA.

Eccomi lesta.

ORA.

Sì, mia cara Placida,

Venga la sposa, che impaziente aspettola.

PLA.

Ecco la sposa.

ORA.

Da qual parte?

PLA.

Oh diamine!

Non la vedete? Avete le traveggole?

ORA.

Che amor cieco mi renda sino al termine,

Che la sposa a' miei lumi sia invisibile?

PLA.

Eccomi qui, vi dico; se non bastavi

Il vedermi, il sentirmi, via, toccatemi.

ORA.

Sì, vi sento, vi vedo, ma domandovi

Della sposa.

PLA.

Io chi sono?

ORA.

Siete Placida.

PLA.

E chi è la sposa?

ORA.

Caterina amabile.

PLA.

Sposa di chi la Caterina?

ORA.

Oh, allungasi

Un po' troppo la storia. Se mi è lecito

Caterina sposare anche in assenzia

Del tutor suo, come da voi si assevera,

Venga ella innanzi, ed io la sposo subito;

Se aspettar mi convien, conosco il debito

giova che vogliate, per far celia,

Mettermi al punto, e farmi correr risico

D'inimicarmi col tutor ch'io venero

Qual padre della sposa, e qual mio suocero.

.

Adagio un poco, signor mio bellissimo,

Che a quel ch'i' veggo, no' prendiamo i pifferi

Per le tïorbe. Chi veniste a chiedere

Per isposa al padrone?

ORA.

Evvi ancor dubbio?

Non si sa ch'io sospiro, e ch'io desidero

Caterina in isposa, e che promisela

A me il tutor?

PLA.

Gnaffe, siam bene in ordine!

Che v'intendeste allotta ch'io parlavavi

Questa mane, meschiando ai franchi i timidi

Sensi dubbiosi?

ORA.

Di parlare intesimi

Della mia Caterina.

PLA.

(Oh il brutto equivoco!

Ma il padron parlò schietto, e ben ricordomi

Quel che mi disse). O voi siete uno stolido,

Messer Orazio, o il vostro cuor volubile

Cangiasi presto.

ORA.

A me cotal rimprovero?

PLA.

A voi, sì, a voi, che questa mane a chiedere

Me venite in isposa, ed al medesimo

Padron lo dite, ed or mi fate il nescio,

E con un'altra far volete il cambio.

Ma non vi riuscirà, ché i galantuomini

Alle promesse derogar non possono,

Ed il padron mi farà far giustizia.

 

 

 


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