Carlo Goldoni
La pupilla

ATTO QUINTO

SCENA SETTIMA   Placida, messer Luca

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SCENA SETTIMA

 

Placida, messer Luca.

 

PLA.

Le belle nozze che il padron proposemi!

Il contratto, signor, quando si stipula

Fra me ed Orazio?

LUCA

A vostro beneplacito

Farlo potete.

PLA.

Si faranno i cavoli

Con il prosciutto. In avvenire avvertovi,

Quando vi parlan, sturar ben le orecchie,

Ché lo scilocco vi ha gonfiato il timpano.

LUCA

Che vuol dir questo?

PLA.

Vuol dire che Orazio

Vuole la Caterina, e non già Placida.

LUCA

Che tu mi narri?

PLA.

Quel che intesi io narrovi

Da lui medesmo, che mi fece mutola

Restar, e in viso di vergogna tingere.

LUCA

Io non fui sordo, allor che a chieder vennemi

Quaglia te per Orazio, e cento dissemi

Ragioni incontro all'obiettar ch'io fecigli.

PLA.

Quest'errore prodotto ha tanti equivoci,

Che farvi sopra vi potriano i comici

Una commedia di quelle lunghissime.

LUCA

Caterina lo sa?

PLA.

Lo sa benissimo,

E innocente non è quanto rassembravi.

Anzi cred'io che la ragion che opponere

Fa all'amor vostro il di lei cuor, l'origine

Abbia da questo.

LUCA

Oimè, tu mi rammemori

Cosa tal che i rimorsi in me si destano.

PLA.

Voi dovete sfogar la vostra collera

Contro di lei.

LUCA

No, l'amor mio si merita,

Non il mio sdegno.

PLA.

Benché cruda e barbara?

LUCA

Alla sua crudeltade ho il maggior debito.

PLA.

Amar chi offende, è ben virtude insolita.

LUCA

Deesi premio alle offese, allor che giovano.

PLA.

Vi giova dunque della giovin l'odio?

LUCA

Se mi amava ella più, sarei più misero.

PLA.

Perdonate, messer, io non intendovi.

LUCA

Vien Caterina. Or ti apparecchia a intendere

 

 

 


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