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A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR DANIEL RENIER NOBILE VENETO SENATORE AMPLISSIMO E PER LA SERENISSIMA REPUBBLICA DI VENEZIA PROVVEDITORE ESTRAORDINARIO ALLE BOCCHE DI CATTARO
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A SUA ECCELLENZA
IL SIGNOR
SENATORE AMPLISSIMO E PER LA SERENISSIMA
REPUBBLICA DI VENEZIA PROVVEDITORE
ESTRAORDINARIO ALLE BOCCHE DI CATTARO
Non vi sembrerà cosa strana, Eccellentissimo Signore, che io con un riverente mio foglio venga a raggiungervi in cotesta Provincia, poiché prima della Vostra partenza, spiegatovi il desiderio mio di visitarvi con qualche mia lettera, Voi non solo benignamente me l’accordaste, ma mi voleste obbligato a farlo.
Vi recherà bensì maraviglia, che la prima volta che ho l’onore di scrivere all’E. V., in vece del calamaio servito siami del torchio; ma dovendo in questa mia lettera darvi un testimonio verace del mio rispetto, non contento di affidare i miei sentimenti ad una semplice carta, ho voluto in tante pagine replicarli, quante saranno le stampe di questo Tomo.
Sono parecchi anni che l’E. V. mi onora della sua protezione, e questo è un beneficio acquistatomi dalle mie Commedie, delle quali sin da principio il genio Vostro si è dichiarato parziale. Niuno meglio di Voi poteva in que’ primi giorni difficilissimi cooperar all’avanzamento della mia impresa, dietro di sé traendosi l’approvazione Vostra un vasto numero di persone, le quali conoscendo ed ammirando il Vostro talento, si determinarono a credere cosa buona quella di cui mostraste di compiacervi. Non contento di esaltare nei circoli e nelle conversazioni le mie Commedie, voleste consolar me medesimo, ed animarmi colla Vostra voce al proseguimento, dandomi a conoscere in Voi un Protettore magnanimo, benefico e liberale. Furono un primo effetto della protezione vostra le lettere amorosissime con cui mi accompagnaste a Torino, e le grazie colà ricevute, e l’ottimo accoglimento che ivi mi venne fatto, derivò dal merito Vostro conosciuto per ogni parte, non meno che nella Patria Vostra, che vi ama, vi onora, e di Voi giustamente si gloria.
Ebbi poscia maggior agio di profittare della Vostra amabilissima conversazione, mercé la nostra brillante, vezzosa Aurisbe, la quale, superando ogni altro femminile talento, merita l’amicizia di un Cavaliere di spirito, quale Voi siete. Ella coi dolcissimi carmi suoi si è compiaciuta invitarmi al canto, in occasione che la Nobilissima Figliuola Vostra Angela Maria vestì l’abito monacale, ed incontrai con giubbilo la fortunata occasione di adoperare la Musa pel Vostro nome, Padre degnissimo dell’Eroina Fanciulla. Piacquemi tanto il bel ritratto, che ne’ suoi versi la Nobile Pastorella ha formato, che ora dovendo in questi fogli ragionare di Voi, parmi non potervi meglio dipingere alla pubblica vista, che col ripetere le dolci stanze nella nostra Veneziana favella tessute.
Ah? doveressi intenderme,
Savè chi el xe in Repubblica,
Se no l’avessi in pratica,
Un intelletto pronto,
El xe in conversazion.
Ma mai senza rason.
Prontissimo al dover,
E sempre cavalier.
Dando a me Aurisbe il carico d’insoazar la tela, che vale a dire in buon Italiano formare la cornice al quadro, rispondendo io nel metro e nel vernacolo stesso, formai le stanze che seguono.
M’ha consolà moltissimo,
D’averlo a insoazar,
L’è sol per complimento,
Onde del cuor medesimo
Staccandose una parte,
Ecco dunque dai carmi della Pastorella, e dai miei, detta una parte dei pregi Vostri; ecco sommariamente accennata la nobiltà. antichissima de’ Vostri natali, le eccelse cariche da Voi sostenute, e gli onori dalla Repubblica Serenissima riportati. Eccovi sinceramente dipinto quale Voi siete, di mente lucida, di pronto intelletto, saggio e prudente nelle seriose occasioni, grazioso e lepido nelle piacevoli congiunture; vero amico de’ Vostri amici, instancabile nel procacciare a tutti del bene; giustissimo nei Governi, buon Filosofo e buon Cavaliere, che vale a dire un Uomo che sa conoscere e dominar le passioni, e sa preferire ad ogni altra cosa l’onore. Io non ho fatto allora, che aggiungere encomi all’amore che per le Lettere dimostrate, alla protezione che avete pe’ Letterati, considerando in Voi una simile inclinazione non per mostrar di sapere, ma perché realmente sapete. So bene, Eccellentissimo Signore, che quanto sin qui si è detto, è una scarsissima parte dei pregi Vostri, ed io, se sapessi farlo, avrei aperto il campo per tessere infinite lodi alla Vostra virtù, non meno che alla Vostra grandezza; ma Voi siete nemico di tali encomi; mi avete comandato di scrivervi in confidenza, e non voglio perdere il merito di avervi obbedito, annoiandovi, mentre desidero di piacervi.
Questa mia Lettera non ha che due semplici obbietti: il primo è quello di manifestarvi l’ossequio mio, e di ciò mi lusingo ne sia l’E. V. ben persuasa; il secondo si è di accompagnarvi una mia Commedia, per divertirvi un’ora fra le gravi cure del Vostro importantissimo Governo in compagnia della Nobilissima Dama Vostra, che con eroico virtuoso amore ha preferito la compagnia del Consorte a quella dolcissima de’ suoi Figliuoli. Ad Essa, ed a Voi non meno, una simile lontananza non può essere che penosa. Non ho veduta in veruna parte, per quanto abbia io praticato, e con attenzione osservato, una Famiglia della Vostra più docile, più concorde, più deliziosa. Tre sorte di Figliuoli forniscono la Vostra Casa. Figliuoli Vostri del primo letto, altri dei primi voti della Dama Vostra, e quelli da Voi e da Essa prodotti. Chi mai crederebbe, che tanto amore e tanta concordia potesse in fra di loro regnare ? Eppure si amano, si rispettano tutti: sono amici e fratelli; sono tutti egualmente al Padre ed alla Madre rassegnati, obbedienti. Non vi è Matrigna, noti vi è Patrigno: sono tutti di un sangue, perché animati da uno stesso genio e da un’istessa virtù, Voi mi onoraste ammettermi alla Vostra mensa, e ne partii veramente contento per tal motivo, e maravigliato; sicuro che l’armonia della Vostra tavola non era accidentale in quel giorno, ma giornaliera e costante nella Vostra esemplare Famiglia, frutto del bell’esempio e dell’ottima educazione de’ Genitori. Unisco i voti miei a quelli de’ Vostri cari Figliuoli nell’augurarvi dal Cielo prospero fortunato soggiorno là dove il Principe Serenissimo vi ha collocato, e a sollecitare coll’animo le ore sospirate del Vostro ritorno, per consolazione di tutti, e di me specialmente, che sono con tenerissimo affetto e con profondissimo ossequio
Di V. E.
Umiliss. Divotiss. ed Obbligatiss. Serv.