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SCENA PRIMA
Camera in casa del conte Nestore.
Il conte, il dottore, Cappalunga ed Arlecchino
CON. In due parole vi spiccio tutti.
DOTT. La prego io, signor Conte, che ho degli affari alla Curia.
CON. Che mi comanda il signor Dottor Melanzana?
DOTT. Voleva renderle conto di quel che ieri s’è fatto per la causa di don Eraclio.
CON. Avete parlato con esso lui?
DOTT. Non signore. Poiché, per dirle la verità, con don Eraclio, quantunque sia il principale di questa causa, io parlo mal volentieri. È uno che non sa niente né di pratica, né di legge, e presume assai di saperne.
CON. È vero; don Eraclio presume di saper tutto, e il pover’uomo non ne sa niente. Se non foss’io che lo dirigessi!
DOTT. È verissimo; se non fosse vossignoria! (Ma però si fa pagar bene, per dirigerlo verso la strada della malora). (da sé)
CON. Due parole ancora col signor Dottore, e subito sono da voi. (a Cappalunga)
CAPP. Ma io non ho tempo da perdere, signore. Mi lasciano quelle due copie di Raffaello per due zecchini; se vuole che vada a prendere i quadri...
CON. Sì, subito. (Buon acquisto, li posso vendere per sei almeno). (da sé, e cava la borsa di tasca)
ARL. E mi, che gh’ho un negozio più grando de tutti i altri negozi?
CON. In che consiste un sì gran negozio?
ARL. Me sbrigo in quattro parole. La sappia, sior... Ma bisogna per l’ordene del discorso tornar a dir tutto quello che la m’ha dito in tre mesi che se cognossemo.
DOTT. Non la finirà mai questo sciocco.
CON. Aspettate un poco, Arlecchino, che mi parlerete con comodo. Ditemi voi, signor Dottore... Tenete, eccovi tre zecchini. Andate a prendere i quadri. Portateli da qui a due ore da don Eraclio, che vi sarò io pure. (a Cappalunga, dandogli li denari)
CAPP. E per me niente?
CON. Ci sarà qualche cosa per voi, a misura del buon negozio che mi riuscirà di fare. Siate lesto nel procurarmi vantaggio. Una man lava l’altra; e l’uomo vive dell’uomo. Chi non s’aiuta, s’affoga. Portatevi bene meco, ch’io sarò generoso con voi.
CAPP. Vado subito. (Questi è un bravo raggiratore). (parte)