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CON. Servitore di don Eraclio.
ERAC. Amico, siete venuto in buona occasione. Osservate questi due pezzi di quadro.
CON. Oh belli!
ERAC. Indovinate di che autor sono. (Non gli lasciate veder la tela per di dietro). (a Cappalunga)
CON. Per me li giudico di Raffaele d’Urbino.
CON. Originali bellissimi.
ERAC. Così diceva ancor io. Indovinate quanto ne vogliono.
CON. Se si dovessero valutare per quel che vagliono.
CAPP. Per otto zecchini l’uno si possono prendere?
CON. Li prenderei ancor io per questo prezzo. (Bravo Cappalunga, si è portato bene). (da sé)
DOTT. (Ci gioco io, che sono d’accordo fra questi due). (da sé)
ERAC. Facciamo così, Conte, prendiamone uno per uno.
CON. Sarebbe peccato lo scompagnarli.
ERAC. Se volete ch’io ve li ceda...
CON. Vi ringrazio. Se fossi al mio feudo, li comprarei; ma qui non ho casa mia, e poi ora ho da spendere in altro. È capitata stamane la Contessa mia sorella.
ERAC. Davvero? me ne consolo. Verrò a fare i miei complimenti colla dama.
CON. Mi farete onore, ma spicciatevi da quest’uomo, e non vi lasciate scappare una sì bella occasione.
ERAC. Portateli nel mio gabinetto, e aspettatemi, che ora vengo. (a Cappalunga)
CAPP. Sì signore. (Mi sono portato bene?) (al Conte)
CON. (Bravissimo. Aspettatemi dallo speziale).