Carlo Goldoni
Il raggiratore

ATTO SECONDO

SCENA TERZA

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SCENA TERZA

 

Donna Claudia e detti.

 

MET. E lo stuzzicadenti che vi è dentro, sarà d’oro esso pure? (aprendo l’astuccio)

CLA. (Osserva in disparte)

ARL. Oro fin, oro antigo. De quello che se usava al tempo de Otton imperator.

MET. È una bella galanteria.

ARL. Bella!... (Oe, vardè che xe qua vostra siora madre). (piano a donna Metilde)

MET. (Povera me! che non me lo veda). (vuol rimpiattarlo)

CLA. Che ha di bello la signora figliuola?

MET. Niente, signora.

CLA. Niente eh? Favorisca lasciarmi vedere.

MET. Che cosa?

CLA. Quel bell’astuccio che ha rimpiattato.

MET. È una cosa ch’io...

ARL. (Adesso la va ben). (da sé)

CLA. Presto, vi dico.

MET. Eccolo.

CLA. Bellino!

MET. (Mi mangerei dalla rabbia). (da sé)

CLA. Donde l’ha avuto, signora?

MET. Posso averlo avuto ancor io, com’ella ha avuto la tabacchiera d’avorio.

ARL. (Pezo). (da sé)

CLA. Quello che ha mandato a me questa scatola, ha mandato a voi questo astuccio?

MET. Non l’ha ritrovata per terra la scatola?

CLA. Non signora, non l’ho ritrovata per terra. (bruscamente)

ARL. L’ha ben trovà ela el stucchio per terra. (a donna Claudia)

MET. (Costui mi mette delle pulci in capo). (da sé)

CLA. Andate nella vostra camera. (a donna Metilde)

ARL. (Xe meggio che me la batta). (da sé) Patrone, con so bona grazia. (in atto di partire)

CLA. Trattetenevi, che vi ho da parlare.

MET. Signora...

CLA. Che cosa vorreste?

MET. L’astuccio.

CLA. Sta bene nelle mie mani.

MET. E io niente?

CLA. Qualche cosa avrete anche voi.

MET. La scatola forse?

CLA. Una mano nel viso.

MET. Di queste finezze me ne ha fatte abbastanza la signora madre.

CLA. Posso farvene delle altre ancora. (con finta placidezza)

MET. Sono un poco grandetta, ora. (scherzosamente)

CLA. A misura dell’età, può crescere il peso degli schiaffi. (come sopra)

MET. Mi consolo di una cosa.

CLA. Di che?

MET. Che gli anni crescono per tutti, che gli schiaffi della signora madre non dovrebbono più avere tanta forza.

CLA. Sfacciata, insolente! Credi tu, perché ti vedi crescere come fa la malerba, ch’io abbia perduto la forza, lo spirito e la gioventù? La tua temerità ti può far credere di trent’anni, ma non ne hai che sedici; ed io di quattordici ho preso marito. E una donna di trent’anni vale qualche cosa di più di una fraschetta di sedici; e queste mani ti possono far provare, se per l’età ho perduto la forza... (s’avanza minacciandola)

MET. La non s’incomodi, che ne son persuasa. (fugge via)

 

 

 


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