Carlo Goldoni
Il raggiratore

ATTO TERZO

SCENA QUINTA

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SCENA QUINTA

 

Il conte, poi il dottore

 

CON. È un buon capitale avere costui alla mano. Ora voavvisare, se posso, donna Metilde... Ma veggo il procuratore di don Eraclio. Ho curiosità di sapere, come vada la causa del suo palazzo.

DOTT. Servo del signor Conte.

CON. Amico, venite voi con qualche novità favorevole per don Eraclio?

DOTT. Io vengo con una novità favorevole per me soltanto.

CON. Che vale a dire?

DOTT. Vengo a mangiarmi un pezzo di cappone, delle ostriche, e della buona vitella.

CON. Che credete voi voglia essere di don Eraclio?

DOTT. Io dico che sarà miserabile, senza beni, senza casa, e senza riputazione.

CON. E la figliuola sua resterà nuda per cagione del padre?

DOTT. Dubito che sarà così.

CON. Ed io dubito ne sappiate poco, signor Dottore.

DOTT. La ragione de’ creditori prevale a tutto.

CON. Questa ragione, che prevale nel foro, non mi convince che non vi sia rimedio da salvar la dote della fanciulla.

DOTT. Come mai, se i beni sono liberi in don Eraclio? La moglie sua non ha portato in casa il valore di trenta paoli, e i debiti sono liquidi, e certi, ed indubitati.

CON. Quanto tempo è che don Eraclio ha ipotecato il palazzo?

DOTT. Sarà un anno incirca.

CON. E la campagna ultimamente venduta non son sei mesi che l’ha alienata.

DOTT. È vero.

CON. S’egli con un contratto di nozze anteriore a queste due alienazioni avesse obbligato il palazzo e la villa per dote della figliuola, si potrebbe difendere il palazzo dalle pretese dei creditori, si potrebbono ricuperare i beni dalle mani del compratore?

DOTT. Si potrebbe in tal caso; ma non l’ha fatto.

CON. E se non l’ha fatto, non si può dar ad intendere che fatto sia?

DOTT. Come?

CON. Voi mi chiedete il come fingendo meco di non saperlo; ma lo saprete meglio di me. Un contratto di nozze, figurato prima dei debiti, esclude ogni creditor posteriore; e voi di tali contratti ne averete fatti.

DOTT. Mi maraviglio, sono un galantuomo, signore.

CON. Siete un galantuomo, lo so benissimo, ma la carità verso una povera figlia...

DOTT. Oh, questo poi...

CON. E cento zecchini di regalo vi faranno studiar il modo di mettere al coperto con un contratto fittizio le ragioni di una fanciulla innocente.

DOTT. Veramente fa compassione quella ragazza.

CON. Resterebbe miserabile per cagione del padre.

DOTT. Non è dovere, che le di lui pazzie la riducano a tali estremi.

CON. Un contratto fatto colle buone regole due anni prima, vi pare che sia sufficiente rimedio?

DOTT. Sì, certo, e per maggiormente qualificarlo basterebbe figurarne un altro anteriore più ancora.

CON. Bravo, signor Dottore, fate che la carità v’instruisca.

DOTT. Potrebbesi figurare che donna Claudia avesse portato in dote a don Eraclio una somma considerabile, e questa poi venisse assegnata in dote alla figlia.

CON. Così, con due ragioni alla mano, avrebbesi più agevole la difesa.

DOTT. Certamente virtus unita fortior.

CON. Questi due contratti si potrebbono far nascere prima di domani.

DOTT. Con chi avrebbesi a fare il contratto di nozze della ragazza?

CON. Con chi? Ardo anch’io di carità come voi: si può fare con me.

DOTT. E vossignoria si piglierà volentieri quel buon bocconcino di donna Metilde.

CON. Certo, per assicurarle il possedimento del palazzo e della campagna.

DOTT. E la campagna e il palazzo sarà poi del signor conte Nestore, uxorio nomine.

CON. Così è, il mio caro Dottore.

DOTT. E don Eraclio resterà senza niente.

CON. Ma la figliuola almeno sarà provveduta.

DOTT. Per effetto dell’amore del signor conte Nestore.

CON. E della carità del Dottore.

DOTT. Ma facciasi presto quello che s’ha da fare: periculum est in mora.

CON. I cento zecchini saranno pronti.

DOTT. Ed io son lesto, quando si tratta di far del bene.

CON. Andiamo dunque.

DOTT. Lo faremo dopo i capponi.

CON. Sì, caro, come volete.

DOTT. (Gran buona creatura che è questo Conte!) (da sé, e parte)

CON. (È pur caritatevole questo Dottore!) (da sé, e parte)

 

 

 


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