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CON. |
Sentirmi tutto a un tratto far tante esibizioni, Mi fa di quando in quando venir delle apprensioni, Temo di esser tradito. Ma poi ragiono, e dico: Possibil che nel mondo non diasi un vero amico? Se dubito di tutti, che farò da me solo? Che val la mia ricchezza, se agli uomini m'involo? |
ONO. |
Servitore umilissimo, servitor devotissimo, Bacio la mano a lei, signor Conte illustrissimo. |
CON. |
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ONO. |
Io faccio i miei doveri. Vossignoria illustrissima è il fior de' cavalieri. |
CON. |
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ONO. |
Saran circa tre giorni. |
CON. |
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ONO. |
Per venire al proposito, per cui son qui venuto, Io devo a vossustrissima portare un bel saluto. |
CON. |
Un saluto di chi? |
ONO. |
Di certa gentildonna... |
CON. |
Siete, per quel ch'io sento, ambasciator d'amore. |
ONO. |
Son, signore illustrissimo, sono un uomo d'onore. Della mia condizione ho mille testimoni; |
CON. |
Da me chi vi ha mandato? |
ONO. |
Io pratico per tutto, Conosco nel paese il buono, il bello, il brutto. Solo di vossustrissima sento parlar la piazza; Dicono, non gli manca che una bella ragazza Trenta ne ho visitato, e ne ho trovate sei, Una meglio dell'altra, buonissime per lei. Quella che lo saluta, è certa biancolina Con un occhio furbetto, con sì bella bocchina, |
CON. |
Per or col matrimonio legarmi io non destino. |
ONO. |
Favorisca vedere questo bel ritrattino. |
CON. |
Lo vedo. |
ONO. |
E che gli pare? |
CON. |
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ONO. |
Oh mi creda, illustrissimo, ch'è fatto al naturale, Anzi qualcosa meglio è ancor l'originale. Per esempio, la giovine ha l'occhio più lucente, Il viso più tondetto, la bocca più ridente. È un tantin più grassotta, ma è sì prudente e onesta, Che il pittore ha dovuto dipingerla modesta. Certo, che dal ritratto si può conoscer poco, Ma se la vuol vedere, ritroveremo il loco. |
CON. |
È nobile? |
ONO. |
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CON. |
Ha dote? |
ONO. |
Ha quel che basta per essere consorte. Non si domanda dote a faccie di tal sorte. Ha avuti fino ad ora tanti partiti e tanti, Nessuno ebbe il coraggio di chiedere contanti: Val centomila scudi quell'occhio sì furbetto, Vale un milion quel labbro vezzozo e tumidetto. |
CON. |
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ONO. |
Ha una madre, signore, ch'è troppo delicata. Trova che dire a tutti. La povera figliuola Dipende dalla madre, e ancor si trova sola. Ieri di vossustrissima si ragionò con esse: Disse la ragazzina: Io sì, se mi volesse. E la madre, voltandosi pietosamente a lei, Disse: Col conte Orazio io mi contenterei. Poi disse a me parlando: Via, questo affar trattatelo. Soggiunse la figliuola: Andate, e salutatelo. Trovar fortuna simile sì facile non è. È degna tal bellezza di maritarsi a un re. No, signor illustrissimo, non vo' che a me si creda: Non dico che la pigli; mi basta che la veda. Faccia questa finezza, di darle un'occhiatina; |
CON. |
Bene, verrò a vederla; ma per curiosità, Non per innamorarmi; ho già qualch'altro impegno. |
ONO. |
Per me son contentissimo, se del favor son degno. Andiamola a vedere così disabbigliata, |
CON. |
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ONO. |
Sì signore. (Scommetto che al laccio ei resta preso). (da sé) |
CON. |
Ehi, se donna Felicita viene, che io non ci sia, (esce un Servitore) Ditele che perdoni, che resti in compagnia Di Livia mia germana, che seco or or mi avrà. (al Servitore, che parte) Andiamo a soddisfare la mia curiosità. (ad Onofrio, e parte) |
ONO. |
Curiosità produrre suol dei graziosi effetti. Le donne, quando vogliono, san far de' bei colpetti. Chi sa che non rimanga il Conte innamorato! Quando si va al mulino, si torna infarinato. (parte) |