Carlo Goldoni
Il ricco insidiato

ATTO PRIMO

SCENA SESTA   Il Conte Orazio, poi Onofrio

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SCENA SESTA

 

Il Conte Orazio, poi Onofrio

 

CON.

Sentirmi tutto a un tratto far tante esibizioni,

Mi fa di quando in quando venir delle apprensioni,

Temo di esser tradito. Ma poi ragiono, e dico:

Possibil che nel mondo non diasi un vero amico?

Se dubito di tutti, che farò da me solo?

Che val la mia ricchezza, se agli uomini m'involo?

Dovrei pur procurare di vivere giocondo.

Non dice mal Riccardo: godiamo un po' di mondo.

ONO.

Servitore umilissimo, servitor devotissimo,

Bacio la mano a lei, signor Conte illustrissimo.

CON.

Via, non più riverenze.

ONO.

Io faccio i miei doveri.

Vossignoria illustrissima è il fior de' cavalieri.

CON.

Quanto tempo sarà, che voi mi conoscete?

ONO.

Saran circa tre giorni.

CON.

Bravo. Voi mi piacete.

Godo aver da trattare con uomini sinceri;

Tre giorni fa i' non era il fior de' cavalieri.

ONO.

Per venire al proposito, per cui son qui venuto,

Io devo a vossustrissima portare un bel saluto.

CON.

Un saluto di chi?

ONO.

Di certa gentildonna...

Ma che bella ragazza! ma che pezzo di donna!

CON.

Siete, per quel ch'io sento, ambasciator d'amore.

ONO.

Son, signore illustrissimo, sono un uomo d'onore.

Della mia condizione ho mille testimoni;

Io sono un onorato sensal da matrimoni.

CON.

Da me chi vi ha mandato?

ONO.

Io pratico per tutto,

Conosco nel paese il buono, il bello, il brutto.

Solo di vossustrissima sento parlar la piazza;

Dicono, non gli manca che una bella ragazza

Trenta ne ho visitato, e ne ho trovate sei,

Una meglio dell'altra, buonissime per lei.

Quella che lo saluta, è certa biancolina

Con un occhio furbetto, con sì bella bocchina,

Con due guance di rose, con un nasin ben fatto.

Eh! non creda ch'io burli. Osservi il suo ritratto.

CON.

Per or col matrimonio legarmi io non destino.

ONO.

Favorisca vedere questo bel ritrattino.

CON.

Lo vedo.

ONO.

E che gli pare?

CON.

Non può negarsi, è bello.

Ma quanto gli ha donato la grazia del pennello?

ONO.

Oh mi creda, illustrissimo, ch'è fatto al naturale,

Anzi qualcosa meglio è ancor l'originale.

Per esempio, la giovine ha l'occhio più lucente,

Il viso più tondetto, la bocca più ridente.

È un più grassotta, ma è sì prudente e onesta,

Che il pittore ha dovuto dipingerla modesta.

Certo, che dal ritratto si può conoscer poco,

Ma se la vuol vedere, ritroveremo il loco.

CON.

È nobile?

ONO.

Cospetto! che nobiltà illibata!

Ha un alberogrande, che copre una facciata.

CON.

Ha dote?

ONO.

Ha quel che basta per essere consorte.

Non si domanda dote a faccie di tal sorte.

Ha avuti fino ad ora tanti partiti e tanti,

Nessuno ebbe il coraggio di chiedere contanti:

Val centomila scudi quell'occhiofurbetto,

Vale un milion quel labbro vezzozo e tumidetto.

Prezzo non hanno al mondo quei bei capelli d'oro

Ha tante cose belle, che vagliono un tesoro.

CON.

Con tante belle cose non si è ancor maritata?

ONO.

Ha una madre, signore, ch'è troppo delicata.

Trova che dire a tutti. La povera figliuola

Dipende dalla madre, e ancor si trova sola.

Ieri di vossustrissima si ragionò con esse:

Disse la ragazzina: Io sì, se mi volesse.

E la madre, voltandosi pietosamente a lei,

Disse: Col conte Orazio io mi contenterei.

Poi disse a me parlando: Via, questo affar trattatelo.

Soggiunse la figliuola: Andate, e salutatelo.

Trovar fortuna similefacile non è.

È degna tal bellezza di maritarsi a un re.

No, signor illustrissimo, non vo' che a me si creda:

Non dico che la pigli; mi basta che la veda.

Faccia questa finezza, di darle un'occhiatina;

Ha da far pochi passi, la giovane è vicina.

Vo' che veda s'io dico almen la verità.

CON.

Bene, verrò a vederla; ma per curiosità,

Non per innamorarmi; ho già qualch'altro impegno.

ONO.

Per me son contentissimo, se del favor son degno.

Andiamola a vedere così disabbigliata,

Senza che sappia nulla. (Già sarà preparata). (da sé)

CON.

Andiam, ma stiamci poco. Fra un'ora io sono atteso.

ONO.

signore. (Scommetto che al laccio ei resta preso). (da sé)

CON.

Ehi, se donna Felicita viene, che io non ci sia, (esce un Servitore)

Ditele che perdoni, che resti in compagnia

Di Livia mia germana, che seco or or mi avrà. (al Servitore, che parte)

Andiamo a soddisfare la mia curiosità. (ad Onofrio, e parte)

ONO.

Curiosità produrre suol dei graziosi effetti.

Le donne, quando vogliono, san far de' bei colpetti.

Chi sa che non rimanga il Conte innamorato!

Quando si va al mulino, si torna infarinato. (parte)


 

 

 


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