Carlo Goldoni
Il ricco insidiato

ATTO TERZO

SCENA SESTA   Rosina, Brigida e i suddetti; poi un Servitore

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SCENA SESTA

 

Rosina, Brigida e i suddetti; poi un Servitore

 

CON.

(Sono nel bell'impegno!) (da sé)

RIC.

Servo di lor signore. (a Rosina e Brigida)

BRI.

Serva sua.

CON.

Devotissimo. Che grazia, che favore

Dalla signora Brigida mi viene compartito?

BRI.

Siam venute a ricevere il suo cortese invito.

Questa è la prima volta che la figliuola mia

Avrà, dacch'ella è nata, pranzato in compagnia.

Dopo che del mio sposo sono rimasta priva,

In casa mia, vel giuro, non viene anima viva.

Non andiam fuor di casa, mi preme l'onestà.

Quest'è la prima volta, e l'ultima sarà.

Certo per esser voi le ho data la licenza. (al Conte)

Via da brava, figliuola, fate una riverenza. (a Rosina)

ROS.

Serva. (s'inchina al Conte)

CON.

Con tutto il core.

RIC.

Che giovane garbata!

Il merito si vede di lei che l'ha educata.

BRI.

Certo non ho mancato di far la parte mia,

L'ho sempre custodita con tutta gelosia.

Non sa cosa sia mondo, è savia e modestina;

Guardetela, è innocente come una colombina.

CON.

Di buona educazione si riconosce il frutto.

BRI.

E poi colle sue mani lavora e fa di tutto.

Sa cucir, sa filare, sa lavorar calzette,

Sa ricamar di bianco, sa far cento cosette;

Ella si fa i goliè, le cuffie ed i fioretti,

Sa lavar, sa stirare, sa inamidar merletti;

Sa accomodar vestiti meglio di una sartora,

Sa leggere, sa scrivere, che pare una dottora.

RIC.

Saprà far all'amore.

BRI.

Zitto, non sa nïente.

Non ha mai praticato, la povera innocente.

È tanto spiritosa, eppur pare una sciocca.

È una gioja, è un oracolo: felice chi le tocca!

RIC.

Conte, a voi tal fortuna dal cielo è destinata.

CON.

Chi sa?

BRI.

La mia Rosina non è sì fortunata.

Ha avuto fino adesso più di trenta partiti,

Ma se non ha a star bene, non vo' che si mariti.

È ver che non ha dote, è ver ch'è poverina,

Ma... (ehi, che non mi senta: è bella e graziosina).

Guardatela, che occhi furbetti ed assassini.

Guardate che bianchezza, guardate i bei dentini. (al Conte ed a Rosina)

Via, non si guardan gli uomini; via, voltatevi in . (a Rosina)

Che tu sia benedetta! che grazia! che bontà! (alli due suddetti)

CON.

Certo non può negarsi, ha un merito infinito.

RIC.

(Che vecchia maliziosa! come sa far pulito!)

CON.

Ma non istiamo in piedi. Chi è di ? da sedere (viene un Servitore, e pone le sedie)

BRI.

Obbedite, Rosina, fatevi benvolere.

RIC.

Favorite, di grazia. La figlia a lui vicina.

Io starò qui in un canto, dappresso alla mammina. (fa passare Rosina vicino al conte, ed egli siede vicino a Brigida)

BRI.

Le son bene obbligata.

CON.

Va ad avvisare il cuoco,

Che siamo in tre di più. (al Servitore)

BRI.

Per noi mangiamo poco.

Rosina l'ho avvezzata mangiar tanto pochino

E berscarsamente, che pare un uccellino.

A chi l'avrà in consorte non recherà gran danno.

Questo in una famiglia è molto in capo all'anno.

RIC.

Non è picciola dote, per dir la verità.

BRI.

Un'altra come lei, al mondo non si .

CON.

Va poi dalla Contessa, dalla sorella mia,

Dille che due signore avremo in compagnia.

Che se prima del pranzo vuole passar di qua,

Farà i suoi complimenti, conoscerle potrà. (parte il Servitore)

RIC.

Ha una sorella il Conte.

BRI.

Eh lo so, l'ho veduta

Più volte, in più d'un loco. Per questo son venuta.

Se non vi era una donna, certo vi do parola,

Non l'averei condotta la povera figliuola.

A tavola d'un uomo la giovane soletta?

Il cielo me ne guardi.

RIC.

(Che vecchia maladetta!)

CON.

Ma voi non dite nulla? aprite quel bocchino. (a Rosina)

BRI.

L'avete ringraziato di quel bell'anellino? (a Rosina)

ROS.

Oh sì, gli rendo grazie. (il Conte le parla piano, ed ella, facendo qualche cosa, ride senza rispondere)

RIC.

(Badate a me signora;

Parmi che siate in stato di far l'amore ancora). (a Brigida)

BRI.

(Perché no? ho una figliuola grande da matrimonio,

Ma codesto per altro è un falso testimonio.

Subito che a Rosina ritrovo un buon partito,

Anch'io subitamente mi spiccio, e mi marito). (a Riccardo)

RIC.

(Brava; così mi piace).

BRI.

(Dite segretamente,

Col Conte e la Rosina crediam che farem niente?)

RIC.

(Credo di sì senz'altro).

BRI.

(Mi raccomando a voi;

Dite qualche parola, fate pulito, e poi...

Basta... son fresca donna... non son tanto avanzata...

Ho dei zecchini ascosi... non sarò donna ingrata).

RIC.

(Che ti venga il malanno: chi è che voglia badarti?) (da sé)

BRI.

(Vorrei che quella sciocca facesse le sue parti). (da sé)

Ehi Rosina.

ROS.

Signora.

BRI.

Fate quel che vi ho detto,

Parlate con modestia, con grazia e con rispetto.

CON.

Colla signora madre fate conversazione? (a Riccardo)

RIC.

Badate a' fatti vostri. Non vogliam soggezione.

CON.

Bene; io non vi disturbo.

RIC.

Tiratevi più in qua. (a Brigida)

BRI.

Cosa mi comandate? (a Riccardo, accostandosi a lui)

RIC.

Parliam con libertà. (parlano insieme bassamente)

CON.

Quegli occhifurbetti sotto di quella fronte

Ammazzano coi sguardi. (a Rosina)

ROS.

È matto il signor Conte.

CON.

(Grazioso complimento). (da sé)

BRI.

Se mi aveste veduta!

Ma! per le mie disgrazie sono un poco svenuta. (a Riccardo)

RIC.

Si vedono i bei resti delle bellezze andate.

BRI.

Non andarono tutte: le meglio son restate.

CON.

Quelle guance vermiglie, quel volto sì ben fatto

M'innamora, m'incanta. (a Rosina)

ROS.

Il signor Conte è matto.

CON.

Pazienza. Soffro tutto. Datemi una manina.

ROS.

Sì, signor, volentieri. (gli la mano)

BRI.

Cosa si fa, Rosina? (voltandosi)

ROS.

Niente.

BRI.

Niente? ho veduto. Via di . Con chi parlo? (alzandosi)

(Bisogna far così, per meglio innamorarlo). (da sé)

CON.

Son cavaliere onesto. A torto vi dolete. (a Brigida)

BRI.

Le mani non si toccano. (al Conte, con collera)

RIC.

La sposerà, tacete.

CON.

Io non l'ho detto ancora.

BRI.

Ben, se la vuol sposare,

Sua madre è qui presente; saprà quel che ha da fare.

Presto; venite qua; qua da quest'altra banda. (a Rosina)

Quando una figlia piace, si parla e si domanda.

Anch'io l'ho da sapere. Fino che ho aperti gli occhi,

Che pratichi non voglio, non voglio che si tocchi.

Presto, torniamo a casa. Se sarà destinata,

Le toccherà la mano, quando l'avrà sposata.

CON.

Non parmi avere offeso voi, né la figlia vostra.

BRI.

Serva di lor signori, andiamo a casa nostra.

CON.

Vi supplico per grazia, di voi non mi private.

RIC.

Eh via, non è nïente, chetatevi e restate.

BRI.

No certo, a queste cose l'onor non può star saldo.

Ho i rossori sul viso; mi sento venir caldo.

SER.

Quando comanda, è in tavola. (al Conte)

CON.

Via, siete supplicata. (a Brigida)

BRI.

Basta, non vo' passare per femmina ostinata.

Giacché ci siam, restiamo per questa volta sola;

Ma che nessuno ardisca toccar la mia figliuola.

RIC.

Siete così cogli uomini austera e rigorosa? (a Brigida)

BRI.

(Parlo per la figliuola. Ma con me è un'altra cosa). (piano a Riccardo)

CON.

Che disse la Contessa? (al Servitore)

SER.

La testa ha un po' aggravata.

Supplica questa mane di essere dispensata.

Pranza nella sua camera.

CON.

Questa novella è strana.

Non pranzerete meco senza di mia germana? (a Brigida)

RIC.

Che non ci sia, che importa? a desinare andiamo.

BRI.

Oh via, per questa volta, andiam, già che ci siamo.

CON.

Vi son tanto obbligato. Vi ho tutto il mio piacere.

Permettete, signora, ch'io faccia il mio dovere? (a Brigida, esibendosi dar la mano a Rosina)

BRI.

Per questa volta sola dagli la man, Rosina. (Il Conte s'incammina, servendo Rosina di braccio)

RIC.

Il Conte colla figlia, ed io colla mammina. ( il braccio a Brigida, e partono tutti)


 

 

 


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