Carlo Goldoni
Il ricco insidiato

ATTO QUARTO

SCENA PRIMA   La Contessina Livia e Don Emilio

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ATTO QUARTO

 

 

 

SCENA PRIMA

 

La Contessina Livia e Don Emilio

 

EMI.

Vostro fratello desina, e voi qui passeggiate?

Cosa vuol dir, che a tavola con esso non andate?

LIV.

Vi par che mi convenga mangiare in compagnia

Con gente forastiera, che non si sa chi sia?

Evvi il signor Riccardo, due donne, madre e figlia,

Che mangiano di gusto, che beono a maraviglia.

Spiai dalla portiera: vidi che da una parte

Facea con mio germano la giovane le carte;

E la vecchia dall'altra, senza nessun riguardo,

Faceva la vezzosa col discolo Riccardo.

Ha così poco sale in capo il fratel mio,

Che a sì gentil banchetto volea ci fossi anch'io.

Era qui colle incognite, ed ebbe l'ardimento

Di farmi dir che ad esse facessi un complimento.

Ma io che me ne accorsi, fingendo l'ammalata,

Volli nella mia camera star sola e ritirata.

Voi attendeva appunto con somma impazïenza.

Mi par che del germano sia questa un'insolenza;

E che sugli occhi miei fino nel proprio tetto

Condur tali pasticci, sia un perdermi il rispetto.

EMI.

Or, più che pontigliosa, bramo che siate esperta.

È ben che si trastulli, che goda e si diverta.

Secondarlo conviene in ogni suo diletto,

Finché il disegno nostro conducasi ad effetto.

Stiam navigando, e insegna il marinaro accorto,

Che bordeggiar conviene, finché si giunga in porto.

LIV.

Sperate di vederlo al termine ridotto?

EMI.

Lo spero; e l'avvocato per questo ho qui condotto.

Ei nella sala aspetta; sa tutto il mio progetto,

E dalle sue parole assai mi comprometto.

Dopo che il Conte è erede, più di dieci avvocati

Stan colla bocca aperta attenti e preparati,

Aspettando l'incontro di qualche litigante,

Per avere la decima anch'essi del contante.

Il mio mi ha insinuato quello che far dovremo,

Dicendo: In ogni caso alfin litigheremo.

LIV.

Se ha tanta gente intorno, da cui prende consiglio,

Vedo le mire nostre in prossimo periglio.

EMI.

Con qualcheduno al mondo deve passar la vita.

Noi non possiam costringerlo a viver da eremita.

Basta che si procuri tenerlo allontanato

Da chi con prevenzione può discoprir l'agguato.

Temo donna Felicita più che altri in questo mondo;

Ella è una donna accorta, che sa pescare a fondo,

Che al Conte più d'ogn'altro aprir può l'intelletto.

LIV.

Appunto alle mie mani giunse testé un viglietto,

Con cui donna Felicita rimprovera il germano,

Per avergli spedita un'imbasciata invano.

Lo prega istantemente esser da lei per poco,

E se da lei non vuole, che le destini un loco.

Era a tavola il Conte; la lettera pigliai,

Finsi a lui di recarla, la lessi e lacerai.

Ho fatto ben?

EMI.

Benissimo. Teniamolo distante

Da questa troppo scaltra pericolosa amante.

Anzi sarebbe bene ch'egli s'innamorasse

Di una civile e povera, e ch'ei se la sposasse.

LIV.

Quella che ha seco a pranzo, par docile ed umile,

Povera sarà certo; non so se sia civile.

EMI.

Ecco il Conte che viene.

LIV.

Le donne ove ha lasciate?

EMI.

Da lui tutto sapremo. Fingete e simulate.

 

 

 


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