Carlo Goldoni
Lo spirito di contradizione

ATTO PRIMO

SCENA QUARTA   Dorotea, poi Rinaldo

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SCENA QUARTA

 

Dorotea, poi Rinaldo

 

DOR.

Se un simile sistema non avess'io serbato,

Il suocero e il marito mi avriano calpestato.

Perché nei primi giorni mostrato ho un po' d'orgoglio,

Li ho posti in soggezione, e fan quello ch'io voglio.

RIN.

Eccomi qui da voi. Qual affar d'importanza

Fe' sì che mi faceste partir da quella stanza?

DOR.

Son due ore che aspetto.

RIN.

Due ore? cosa dite?

Non son dieci minuti.

DOR.

Sempre mi contradite.

Dopo che mi lasciaste, so io quant'è passato.

Si può sapere almeno dove che siete stato?

RIN.

Mi ha chiamato mio padre, e dissemi a drittura,

Che per vostra cagione stracciata è la scrittura.

DOR.

Vostro padre al suo solito vi ha detto una pazzia.

RIN.

La carta è lacerata.

DOR.

Ma non per causa mia.

RIN.

Se non foste venuta ad imbrogliar la cosa,

Camilla di Roberto fatta saria la sposa.

DOR.

Non è vero.

RIN.

Vorreste negar quel ch'è di fatto?

Non foste voi la causa, che tramontò il contratto?

DOR.

Signor no, non è vero, vel dico un'altra volta.

Ho sempre da combattere gente ostinata e stolta.

La mia difficoltà non fu di tal natura,

Onde stracciar dovessero sì presto una scrittura.

È pur la mala cosa trattar con tai persone.

RIN.

Basta, è sciolto il contratto...

DOR.

Ma non per mia cagione. (alterata)

RIN.

Via, non sarà per voi sarà perché la sorte

Vuol privar mia sorella di un ottimo consorte.

Nozze non si potevano sperar più fortunate.

DOR.

Io non le ho fatte sciogliere. (alterata)

RIN.

Ma no, non vi adirate.

DOR.

Anzi, perché si facciano, adoperarmi io voglio;

E voi, se si ripigliano, sottoscrivete il foglio.

Fate che da Gaudenzio sia nuovamente esteso...

RIN.

Ma se il signor Fabrizio si è dichiarato offeso...

DOR.

Da chi?

RIN.

Da tutti noi.

DOR.

Pericolo non c'è,

Ch'ei possa dichiararsi offeso ancor da me.

RIN.

Eppur... non vi sdegnate. Eppur, chi sente lui...

DOR.

Lo so che a me si appoggiano tutti i difetti altrui.

Bastano due parole a rendermi placata,

E il titolo mi danno di femmina ostinata.

RIN.

Di ciò più non si parli. Da me cosa bramate?

DOR.

Voglio che queste a ripigliare andate.

RIN.

Come?

DOR.

Che uom di garbo! che uomo di partiti!

Il modo di condurvi volete ch'io v'additi?

Fate così, signore; ite alla di lui casa,

Dite al signor Fabrizio: mia moglie è persuasa.

Se ha detto quel che ha detto alla presenza vostra,

Da noi mal informata, fu sol per colpa nostra.

Professa la signora per voi tutto il rispetto.

RIN.

Deggio andar col pericolo?...

DOR.

Al solito m'aspetto

Che opporvi al mio consiglio vogliate ancora in questo.

RIN.

Prima sentir mio padre par conveniente e onesto.

DOR.

Sì, sentiamolo pure. Chi è di ?

SER.

Mia signora.

DOR.

Cerca il signor Ferrante. Senza frappor dimora,

Digli che venga subito, perché mi preme assai. (il Servitor parte)

RIN.

Non so se mia sorella...

DOR.

Già con essa parlai.

Di tutto quel ch'io faccio, la figlia è persuasa.

RIN.

Anderà nel ritiro?

DOR.

No, dee restare in casa.

RIN.

Consorte mia carissima, davver mi sorprendete.

DOR.

No Rinaldo, il mio cuore ancor non conoscete;

Mia cognata lo merita, e le farò da madre.

RIN.

Sia ringraziato il cielo. Si approssima mio padre.

 

 

 


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