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Il Conte Alessandro, poi la Signora Dorotea
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   CON.  | 
  
   Per servire all'amico vuò mettermi al cimento; Ma lo vo' fare ancora per mio divertimento. Ad insegnar, se posso, vuò colla mia lezione A vincer delle donne l'usata ostinazione.  | 
 
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   DOR.  | 
  
   E bene, signor Conte, si è soddisfatto ancora Il suocero indiscreto di dir mal della nuora?  | 
 
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   CON.  | 
  
   Finora fra me stesso vi ho assai compassionata. In verità, signora, siete sagrificata.  | 
 
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   DOR.  | 
  
   Di me che vi diceva quel vecchio ignorantissimo?  | 
 
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   CON.  | 
  
   Seco mi ha trattenuto a favellar moltissimo. Lasciamo andar le cose, che non importan molto, Ma in ciò, mi compatisca, è un operar da stolto.  | 
 
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   DOR.  | 
  
   Siete male informato sopra di un tal proposito, E per farmi la corte, voi dite uno sproposito. Maritando la figlia non ho tal pretendenza,  | 
 
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   CON.  | 
  
   Non m'intendea di dire, che dipendesse affatto,  | 
 
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   DOR.  | 
  
   Conte, voi non sapete quello che vi diciate.  | 
 
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   CON.  | 
  
   E voi prudentemente avete proibito Il foglio sottoscrivere al docile marito; E con ragione oppostavi al nuzial contratto, Quel che da lor si fece, venne da voi disfatto.  | 
 
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   DOR.  | 
  
   Facciano quel che vogliono, non contradico mai;  | 
 
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   CON.  | 
  
   Cosa mai vi hanno fatto? ditelo in confidenza.  | 
 
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   DOR.  | 
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   CON.  | 
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   DOR.  | 
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   CON.  | 
  
   Oh vecchio rimbambito!  | 
 
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   DOR.  | 
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   CON.  | 
  
   Suo danno.  | 
 
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   DOR.  | 
  
   Chiamarmi per ischerzo col titol di padrona! Una donna mia pari così non si canzona. Un fallo d'ignoranza lo so anch'io perdonare; Ma poi, quando m'insultano, so farmi rispettare.  | 
 
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   CON.  | 
  
   Manchereste a voi stessa soffrendo i loro oltraggi. Sareste condannata dagli uomini più saggi.  | 
 
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   DOR.  | 
  
   Conte, ve lo protesto, non dico una parola. Per lo più nel mio quarto sto ritirata e sola.  | 
 
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   CON.  | 
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   DOR.  | 
  
   Non ho un can che m'aiuti; son sola, ed essi in tre: Padre, figlio, sorella, tutti contro di me. Mi beffano ancor essi, se a' miei parenti il dico, E nelle mie occorrenze non trovo un buon amico.  | 
 
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   CON.  | 
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   DOR.  | 
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   CON.  | 
  
   Io non farò così. Sono colle signore costante e sofferente.  | 
 
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   DOR.  | 
  
   Da me, quei che mi trattano, non hanno a soffrir niente. Io sto dove mi mettono. Fatemi allesso, o arrosto, Alla condiscendenza ho l'animo disposto. Quando a parlar mi chiamano, dico la mia opinione, Per altro facilmente mi arrendo alla ragione.  | 
 
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   CON.  | 
  
   Più bel temperamento non ho veduto al mondo, Lo star con voi sarebbe un vivere giocondo.  | 
 
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   DOR.  | 
  
   Ben, se la bontà vostra a favorirmi inclina Meco potete a pranzo restar questa mattina. Campo avrem da discorrere.  | 
 
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   CON.  | 
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   DOR.  | 
  
   Da lui non vuò dipendere, se un commensale invito.  | 
 
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   CON.  | 
  
   Quando così vi piace, a voi farò ritorno. Ho un affar che mi preme, innanzi al mezzogiorno.  | 
 
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   DOR.  | 
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   CON.  | 
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   DOR.  | 
  
   Queste son quelle cose che mi fanno arrabbiare;  | 
 
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   CON.  | 
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   DOR.  | 
  
   (D'un cuore ragionevole in lui mi comprometto). (da sé)  | 
 
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   CON.  |