Carlo Goldoni
Lo spirito di contradizione

ATTO SECONDO

SCENA SESTA   La Signora Dorotea e detti

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SCENA SESTA

 

La Signora Dorotea e detti.

 

DOR.

Oh che prodigio è questo! che cosa inusitata?

La tavola per tempo stamane è preparata.

VOL.

Oggi il padrone ha fretta.

DOR.

Il padron? chi è il padrone?

VOL.

Non è il signor Ferrante, che ordina e dispone?

DOR.

Ti avviso per tua regola, se non lo sai stordito,

Che ordina e dispone ancora mio marito.

VOL.

Ed il signor Rinaldo col padre unitamente

Mi hanno sollecitato.

DOR.

Ed io non conto niente?

VOL.

San che per ordinario vossignoria si lagna,

Che sempre in questa casa tardissimo si magna;

Onde di contentarla si credono così.

DOR.

Vogliono desinare innanzi al mezzodì?

VOL.

È sonato, signora.

DOR.

Non è ver.

VOL.

L'ho sentito.

DOR.

Tu sei un temerario, un villanaccio ardito.

GAS.

Compatisca, signora, il povero ragazzo.

Gliel'ha detto il padrone.

DOR.

Il suo padrone è un pazzo.

Sparecchiate la tavola.

VOL.

Ma! già che è preparata...

DOR.

Voglio da questa camera la tavola levata.

GAS.

Leviamola, Volpino. Vuol essere obbedita.

VOL.

(Sempre, corpo del diavolo! si ha da far questa vita). (da sé)

DOR.

Cosa dici?

VOL.

Non parlo. (va levando le sedie)

DOR.

Ti spiace la fatica?

Imparerai a farlo, senza ch'io te lo dica.

GAS.

Ha ragion la padrona, non la volete intendere?

In ogni circostanza da lei si ha da dipendere. (prende la cesta per riponere il pane, e Volpino leva le sedie)

DOR.

Così è, Gasperina, l'ho detto e lo ridico.

Padroni e servitori non mi stimano un fico.

GAS.

Signora, ei non mi sente; vi giuro e vi prometto,

Forse Volpino è quello che ha per voi più rispetto.

DOR.

Non è tristo ragazzo.

GAS.

Sa quel che gli conviene.

DOR.

Esser non può altrimenti, se tu ne dici bene.

Facile a contentarti degli altri io non ti vedo.

Tu pensi com'io penso, e anche perciò ti credo.

GAS.

Il pane alla credenza, Volpino, riportate. (gli la cesta del pane)

VOL.

Finiam di sparecchiare.

GAS.

Itene, e poi tornate.

VOL.

(Veggo che Gasperina nel comandar si addestra.

Non vorrei che imparasse sotto una tal maestra). (da sé, e parte per riporre il pane)

GAS.

Lo vedete, se è buono? subito mi ha obbedito.

.

Così meco facesse Rinaldo mio marito!

Par ch'ei sia nato apposta per farmi delirare.

GAS.

Signora, di una grazia vi vorrei supplicare.

DOR.

Chiedi pur, Gasperina, per te che non farei?

GAS.

Vo, signora padrona, pensando ai casi miei.

Ogni anno passa un anno. Vorrei accompagnarmi,

E meglio di Volpino non so desiderarmi.

DOR.

Per me son contentissima. Sai che ti voglia bene?

GAS.

Poverino! mi adora.

DOR.

Sollecitar conviene.

GAS.

Eccolo ch'ei ritorna. Volete ch'io gliel dica?

DOR.

Diglielo, ti permetto.

GAS.

Il ciel vi benedica.

VOL.

Ma voi non fate niente.

GAS.

Finora ho fatto assai.

Alla nostra padrona la cosa io palesai.

Ella benigna al solito, al solito pietosa,

Lascia ch'io mi mariti, e che di te sia sposa.

VOL.

Davvero?

DOR.

Io non mi oppongo; anzi, in segno di affetto,

Qualche poco di dote ad ambidue prometto.

VOL.

Posso ben a ragione chiamarmi fortunato,

Se a tutta la famiglia tal matrimonio è grato.

Contento il padron vecchio, contento il figlio ancora,

Restavami l'assenso aver dalla signora.

DOR.

Il suocero e il mio sposo sono di ciò avvisati?

VOL.

signora, con essi gli affari ho accomodati.

Ora tutto è compito, se voi me l'accordate.

DOR.

Di ciò ne parleremo. La mensa sparecchiate. (sostenuta)

VOL.

Non ne siete contenta?

DOR.

Prendo tempo a pensare.

La tavola frattanto seguite a sparecchiare.

VOL.

Gasperina...

GAS.

Signora... (a Dorotea, pateticamente)

DOR.

Voi mi parete ardita

Quando vi do un comando, voglio essere obbedita.

GAS.

Via, levate quei tondi. (a Volpino)

VOL.

(Veggovi dell'intrico). (leva i tondi e le posate, e rimette il tutto nella cesta bel bello)

GAS.

Mi parete cangiata.

DOR.

Sì, mi cangiai, tel dico.

Costui che da mio suocero mostra tal dipendenza,

È sedotto a sposarti per farmi un'insolenza.

Veggon che mi sei cara, e studian la maniera

Di aver dal lor partito ancor la cameriera.

Sola veder mi vogliono, oppressa e disperata,

Ma questa volta, il giuro, non l'hanno indovinata.

Disponi della dote, consento a ogni partito,

Ma non sperar ch'io soffra Volpino a te marito.

VOL.

Ed io con sua licenza... (staccandosi dalla tavola)

DOR.

Non replicare, indegno.

VOL.

(Torna a sparecchiare)

GAS.

Voi mi avete promesso. (a Dorotea, con forza)

DOR.

Vuoi ti risponda un legno? (a Gasperina, sdegnata)

La tavola tu pure a sparecchiar ti affretta.

VOL.

(Questa me l'aspettavo). (levando i tondi)

GAS.

(Fortuna maladetta!) (levando i tondi)

DOR.

Trovati un altro sposo, vedrai se la padrona

Ha per te dell'amore.

GAS.

Neanche un re di corona. (sparecchiando)

DOR.

Se ti verrà più intorno quel finto, quel briccone,

Averà che far meco.

VOL.

Comanda il mio padrone. (sparecchiando)

DOR.

Se la mia cameriera mi farà un insolenza,

Io saprò castigarla.

GAS.

Mi dia la mia licenza. (sparecchiando)

DOR.

Temeraria, hai coraggio di favellar così?

VOL.

S'ha a parecchiar la mensa tre o quattro volte al ?

DOR.

La licenza mi chiedi? (a Gasperina)

GAS.

Pieghiamo la tovaglia.

DOR.

Parla. (a Gasperina)

VOL.

Leviam la tavola. Non le badar. (a Gasperina, portando la tavola dov'era prima)

DOR.

Canaglia.

GAS.

La ringrazio, signora, del titol che mi ha dato. (parte)

VOL.

Son povero figliuolo, ma giovine onorato. (parte)

DOR.

Tutti son miei nemici, tutti contro di me.

Anche la serva ingrata; ma so ben io il perché.

L'esempio dei padroni rese quel labbro ardito.

Sì, di tutti i disordini è causa mio marito.

Egli seconda il padre per i disegni sui;

Voglio ch'ei me la paghi; mi sfogherò con lui. (parte)


 

 

 


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