DOR.
|
Tant'è, conte Alessandro; finor fui sofferente,
Finora in questa casa trattai placidamente.
Ma la dolcezza è inutile, e chiaramente io veggio
Che il simular i torti con questa gente è peggio.
Infin i servitori mi perdono
il rispetto;
Quando di me si tratta, fan tutto per dispetto.
E se al signor Ferrante le mie doglianze io porto,
Darà ragione ai servi, e mi dirà che ho torto.
|
CON.
|
Chi è mai quell'insensato, chi
è mai quell'uom da niente
Che a voi non dia ragione, sì saggia e sì prudente?
Seppi l'impertinenza che i servidori
han fatto,
Non devonsi i ribaldi soffrire
a verun patto.
Io dal signor Ferrante immantinente andai;
Una soddisfazione gli chiesi, e l'impetrai.
L'audace Gasperina, Volpino impertinente,
Saran da questa casa scacciati
immantinente.
|
DOR.
|
Come? la cameriera scacciar dal mio servizio
Senza ch'io lo consenta. Nascerà un precipizio.
Lo so che di levarmela tentan
per ogni strada.
Gasperina mi serve, non vuò
che se ne vada.
E se di allontanarla alcun sarà sì ardito,
Me ne renderà conto il suocero e il marito.
|
CON.
|
Non sapea che per essa aveste
tal passione.
Se vi serve, tenetela anch'io vi do ragione.
Basta per soddisfarvi del ricevuto oltraggio,
Che di qua sia scacciato il servitor malvaggio.
Subito, innanzi sera...
|
DOR.
|
No, no, questi signori
Non vo' che possan dire, che io scaccio i servitori.
Cercano ogni pretesto per screditarmi al mondo;
Conosco a sufficienza della malizia il fondo.
Diran che mi predomina la
collera e l'orgoglio.
Han da restare in casa; io
dico, e così voglio.
|
CON.
|
Sempre più, mia signora, prendo di voi concetto
Veggo che possedete un lucido
intelletto.
Io non era arrivato a quel che voi pensate.
Veggo che la giustizia e la
ragion amate.
|
DOR.
|
Mi scaldo in sul momento, poi generosa io sono.
|
CON.
|
Ben, che vengano i servi a chiedervi perdono.
|
DOR.
|
No no, saran
capaci fingere un pentimento,
Ed occultar nell'animo il perfido talento.
|
CON.
|
Regolatevi a norma del lucido pensiero.
(Questa è bene una testa original
davvero). (da sé)
|
DOR.
|
Conte, a pranzo con noi stamane
io v'invitai;
Ma qui di dare in tavola non la finiscon
mai.
|
CON.
|
So che il comando aspettano solo da voi, signora.
|
DOR.
|
Perché aspettar ch'io il dica, se trapassata è l'ora?
È pur la mala cosa trattar con simil
gente.
Vonno far i dottori, e non intendon niente.
Prima che voi veniste, avevan
preparato.
Perché non dare in tavola, or che siete arrivato?
|
CON.
|
Perché sono ignoranti.
|
DOR.
|
No, perché in questo tetto
Tutto quello che fanno, lo fanno per dispetto.
Chi è di là?
|