Carlo Goldoni
Lo spirito di contradizione

ATTO TERZO

SCENA QUINTA   Sala con tavola preparata.   Camilla e  Rinaldo

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SCENA QUINTA

 

Sala con tavola preparata.

 

Camilla e  Rinaldo

 

CAM.

Dunque, signor fratello, per esser maritata

Deggio aspettar l'assenso aver da mia cognata?

E s'ella per il solito suo contradir si oppone.

Non troverò nessuno che facciami ragione?

Noto vi è il mio costume: sapete ch'io non soglio,

Quando gli altri dispongono, dir voglio, e dir non voglio.

A Dorotea medesima per obbligo ed affetto

Mostrato ho all'occasione la stima ed il rispetto.

E se di madre il carico per cortesia si piglia,

Vivere può sicura, ch'io le sarò qual figlia.

Ma se cangiar si vede senza ragione alcuna,

Perdere non intendo per lei la mia fortuna.

L'ho detto al genitore, lo dico a un mio germano,

Ricorrerò a chi spetta, se mi querelo invano.

RIN.

A ragion vi dolete, lo vedo e lo confesso.

Lo confessa e lo vede il genitore istesso.

Ora il conte Alessandro posto si è nell'impegno

Della femmina altera di moderar lo sdegno.

Fabrizio si è calmato, Roberto vi sospira.

Ciascun, cara Camilla, a consolarvi aspira.

Soffrite ancora un poco, vediam se Dorotea

Placida corrisponde alla comune idea;

Ma quando poi si ostini... 

CAM.

Via, che farete allora?

RIN.

Farò quel che conviene.

CAM.

Voi tremerete ancora.

Giovine più di voi son di molt'anni, il veggio.

Poco conosco il mondo, e consigliar non deggio;

Ma dall'amor fraterno spinta a parlar sincera,

Voi mi perdonerete, s'io vi favello altera.

Vergogna è che un par vostro, padrone in queste soglie,

Si lasci il piè sul collo mettere dalla moglie.

Se mi toccasse in sorte un uom sì poco esperto,

Non seguirei l'esempio di mia cognata al certo,

Ma quanto compiacermi saprei di sua bontà,

Sarebbemi altrettanto odiosa la viltà.

Amatela la moglie con il più forte impegno,

Siate condescendente, ma fino a un certo segno.

Con voi se la consorte indocile si mostra,

Se vuol suppeditarvi, la colpa è tutta vostra;

E quasi è compatibile il suo costume ardito,

Se in pace lo sopporta il semplice marito.

RIN.

Piano, che non vi senta. (guardando d'intorno)

CAM.

Povero mio germano,

Temete ch'ella venga con il bastone in mano?

RIN.

È ver ch'è una testaccia, ma non è poi sì stolta.

CAM.

Se verrà col bastone, sarà la prima volta?

RIN.

Orsù, parliamo d'altro.

CAM.

Sì sì, d'altro parliamo.

Oggi con questo freddo intirizzir dobbiamo?

Per lei s'ha da mangiare in un salone aperto?

Povero genitore, ei non ci viene al certo.

RIN.

Eccolo con il Conte.

CAM.

Scommetto ch'egli ancora

Viene a sagrificarsi per contentar la nuora.

 

 

 


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