Carlo Goldoni
Lo spirito di contradizione

ATTO TERZO

SCENA OTTAVA   Foligno e due altri Servitori con i piatti caldi, e detti

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SCENA OTTAVA

 

Foligno e due altri Servitori con i piatti caldi, e detti.

 

FOL.

(Mette in tavola i tre piatti)

DOR.

Tre piatti in una volta? (a Foligno)

FOL.

Creduto ho di dovere

Di servir in tre piatti, per via del forastiere.

DOR.

Bella foresteria che al cavalier voi fate!

Dargli per cerimonia vivande raffreddate!

Venga un piatto alla volta. Conte, che ve ne pare?

CON.

Certo, un piatto alla volta. Questo è il vero mangiare.

FER.

Anch'io così l'intendo. Pria la minestra, e poi...

DOR.

No, la minestra in fine. Conte, che dite voi?

CON.

Dico che va benissimo. La Francia a noi maestra,

Ora accostuma all'ultimo la zuppa o la minestra.

FER.

Ma non è ben dapprima lo stomaco scaldarci?

DOR.

Non signore; alla moda dobbiamo uniformarci.

Lascia il salame in tavola. Porta il resto in cucina. (Foligno leva due piatti, e li ai Servitori)

FER.

(Povero me! pazienza).

CAM.

(Che cara cognatina!)

RIN.

Via sediamo, signori.

DOR.

Come! in questa mattina

Non vengono a servire Volpino e Gasperina?

FER.

Non vuò che quei bricconi, che vi han perso il rispetto

Ardiscano venire dinanzi al mio cospetto.

So il mio dovere in questo, e li saprò punire.

DOR.

Chiamateli. Che vengano in tavola a servire. (ad un Servitore che parte)

FER.

Ma perché li volete?...

DOR.

Le mie ragioni ho pronte.

Se a voi note non sono, ve le può dire il Conte.

CON.

Pensa ben la signora, opera da sua pari;

Saprà col suo talento punir quei temerari.

Voi non la conoscete. Dirò per istruirvi...

DOR.

Basta così, sediamo. (siede)

CON.

Eccomi ad obbedirvi. (vuol sedere)

RIN.

Questo è il loco del Conte.

DOR.

No, no, sedete qui.

RIN.

Quello è l'ultimo loco.

DOR.

Si pratica così.

CAM.

(È una cosa, per dirla, ridicola all'eccesso). (da sé)

FER.

Io dunque...

DOR.

Voi, signore, venitemi dappresso.

FER.

Ma perché non volete quel povero infelice? (accennando Rinaldo)

DOR.

Ecco, tosto ch'io parlo, ciascun mi contradice.

Che dite voi del suocero? non può veder la nuora. (al Conte)

FER.

No, Dorotea carissima, il suocero vi adora.

Eccomi a voi vicino; basta che voi parliate,

Tutto a eseguir son pronto; di ciò non dubitate.

DOR.

Conte, gli posso credere?

CON.

Voi avete una mente,

Che da sé può discernere assai felicemente.

DOR.

Eccovi del salame. (a Ferrante)

FER.

Non fo per rifiutarlo,

Ma non ho denti in bocca bastanti a masticarlo.

Bisogno ho di scaldarmi con un po' di minestra.

DOR.

Foligno.

FOL.

Mia signora.

DOR.

Apri quella finestra.

FER.

No, per amor del cielo.

DOR.

Eccolo a contrariarmi.

In sì picciola cosa nemmen vuol soddisfarmi?

CON.

Caro signor Ferrante, voi avete un gran torto.

FER.

Mi dia un colpo alla prima, se mi vuol veder morto.

È ver, lo torno a dire: ho settant'anni addosso,

Ma vuò partir dal mondo quanto più tardi io posso. (parte)

DOR.

La vecchiaia è la madre della malinconia;

Che ne dite, cognata?

CAM.

Dico, signora mia,

Che l'aria dell'inverno sul collo non mi piace.

Se il freddo vi diletta, godetevelo in pace. (parte)

DOR.

Conte, che bella grazia!

CON.

Per dir la verità,

Quest'è ver la cognata mancar di civiltà.

RIN.

Di grazia, compatitela; Camilla fu avvezzata

A vivere dall'aria difesa, e ritirata.

Anch'io, per dire il vero, l'aria soffrir non soglio

Ma sto qui, non mi parto.

DOR.

Andate; io non vi voglio.

RIN.

Ma perché?

DOR.

Con il padre ite, e colla sorella.

RIN.

Ditemi la ragione...

CON.

Itene. Oh questa è bella.

La signora non parla senza la sua ragione,

E un torto a lei commette chi al suo voler si oppone.

Un marito discreto, che peni a disgustarla,

Si alza immediatamente, se ne va via, e non parla.

DOR.

Bravo, Conte, davvero.

RIN.

(Del Conte io so l'impegno;

So che per questa via conduce il suo disegno). (da sé)

DOR.

Udiste il suo consiglio? Provate a secondarlo. (a Rinaldo)

RIN.

Mi alzo immediatamente, me ne vo via, e non parlo. (parte)

DOR.

Ora mi ha dato gusto. (si alza)

CON.

Credetemi, signora, (si alza)

Che gli altri in poco tempo si cangieranno ancora.

Veggo che il mio sistema inutile non è.

Lasciatemi operare, fidatevi di me.

DOR.

Della vostra prudenza assicurata io sono.

A voi cogli occhi chiusi mi arrendo e mi abbandono.

Se gli altri mi diranno che il sole è risplendente,

Credere che sia tale saprò difficilmente.

Ma quando a voi piacesse dirmi che il bianco è nero,

Conte, vi ho tanta fede, che mi parrebbe il vero.

CON.

(Voglio darle la prova se parlami sincera). (da sé)

Signora, ecco Volpino, ecco la cameriera.

DOR.

Che ho da far di costoro?

CON.

Se sono rei, punirli;

E se sono innocenti, tenerli e compatirli.

DOR.

Andiam nella mia camera a finir di pranzare. (al Conte)

(Questo freddo, per dirla, non si può sopportare). (da sé)

 

 

 


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