FER.
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Caro signor Fabrizio, vi son
tanto obbligato,
Che siatevi del tutto il dispiacer scordato:
E ritornar vi siate degnato in casa mia,
Per amoroso affetto di vostra cortesia.
E voi, signor Gaudenzio, amico di buon core,
Tornate a favorirci col solito fervore.
Eccoci tutti uniti, son pronto al mio dovere,
Pronto sarà mio figlio. Vi supplico sedere. (tutti
siedono)
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FAB.
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Diedi al conte Alessandro parola di venire;
Ed eccomi venuto l'impegno ad adempire.
Ma se mai vostra nuora a comparire io vedo,
Mi alzo, e immediatamente mi prendo il mio congedo.
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FER.
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S'ella però tornasse con altri sentimenti...
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FAB.
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A perderle il rispetto non vuò
che mi cimenti.
Subito ch'io la veda spuntar da quella porta,
Fuggo da questa casa, che il diavolo mi porta.
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GAU.
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Ed io ve lo protesto, se avvicinar la sento,
Senz'altre cerimonie vi lascio in sul momento.
Me ne ricordo ancora. Le sue contradizioni
Mi han fatto per la bile
destar le convulsioni.
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RIN.
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Ella ha dato parola di rassegnarsi in tutto.
Spera il conte Alessandro delle sue cure il frutto.
L'esito dell'impresa sperimentar si può.
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FAB.
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Un tale esperimento attendere non vuò.
O termine al contratto si dia senza di lei,
O vado immantinente a fare i fatti miei.
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GAU.
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Ecco il foglio, signori; o sia da voi firmato,
O torno per la strada, per cui son
qui arrivato.
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FER.
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Figlio mio, che ti pare? (a Rinaldo)
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RIN.
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Voi, signor, cosa dite?
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FAB.
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Ecco un nuovo sconcerto.
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RIN.
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Ecco una nuova lite.
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FAB.
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Orsù, signori miei, s'ella vi fa paura,
È meglio ogni contratto di sciogliere a drittura.
Non vuò impazzir coi pazzi.
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GAU.
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So che sperar non lice...
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ROB.
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Ecco il conte Alessandro.
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CAM.
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Sentiam quel ch'egli
dice.
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