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BEAT. Caro signor Florindo, voi siete pieno di buone grazie.
FLOR. Voi siete la stessa bontà, e perciò mi soffrite.
BEAT. Di grazia, accomodatevi un poco.
FLOR. L’ora è tarda, signora, non vorrei esservi di soverchio incomodo. (Non si vede la signora Rosaura). (da sé)
BEAT. Per me è presto. Io non pranzo che due o tre ore dopo il mezzogiorno. Mio fratello vuol mangiar presto, e mangia solo. In questa casa ognuno la fa a suo modo.
FLOR. Così va benissimo, uno non dà soggezione all’altro. La signora Rosaura pranzerà con voi.
BEAT. Oh si sa! Ella è la mia compagnia.
FLOR. Sarà alla tavoletta la signora Rosaura, sarà ad assettarsi.
BEAT. Oh! è assettata ch’è un pezzo. Ella s’alza due o tre ore prima di me.
FLOR. Si vede che è una giovane di garbo.
BEAT. Non dico perché sia mia figlia, ma vi assicuro, è una gioja.
FLOR. Degna figlia di una sì degna madre.
BEAT. Siete troppo obbligante. (gli fa una riverenza)
FLOR. (Se Rosaura non si vede, io me ne posso andare). (da sé)
BEAT. Via, accomodatevi, sedete.
FLOR. In verità, è tardi. (guarda l’orologio) A casa mi aspetteranno.
BEAT. Mezz’ora non incomoda. Tenetemi un poco di compagnia.
BEAT. Aspettate; non volete nemmeno dare il buongiorno a Rosaura? Ehi, Corallina.