Carlo Goldoni
Il tutore

ATTO TERZO

SCENA TERZA

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SCENA TERZA

 

Lelio e detti.

 

LEL. Ah signor padre...

PANT. Via, tocco de desgrazià, via, galiotto, baron, no me vegnir più davanti. Ma senti, furbazzo, per poco ancora ti spassizzerà33 su ste piere34. (entra in casa di Rosaura)

FLOR. Signor Lelio, convien credere che abbiate fatto qualche cosa di brutto a vostro padre, poiché vi scacciabruscamente.

LEL. Mi odia, non mi può vedere.

FLOR. Ma diavolo! Dirvi galeotto, disgraziato, sono cose che fanno inorridire.

LEL. Ecco i titoli con cui mi onora.

FLOR. Avete inteso, che ha detto che per poco passeggierete ancora su queste pietre?

LEL. Certamente io dubito ch’ei mi voglia far catturare.

FLOR. Ma che mai gli avete fatto?

LEL. Niente; non vuol compatire la gioventù.

FLOR. Via, posso io accomodare queste dissensioni?

LEL. Caro signor Florindo, volete voi adoprarvi per me? Vi sarò eternamente tenuto.

FLOR. Vostro padre ha della bontà per me. Confidatemi il motivo del suo dispiacere, e lasciatemi operare.

LEL. Vi dirò. Io sono innamorato della signora Rosaura.

FLOR. (Buono). (da sé) E così? Fin qui non vi è male.

LEL. Ho svelato l’amor mio a mio padre, e l’ho pregato di darla a me per consorte.

FLOR. Ed egli che cosa ha detto?

LEL. Me l’ha barbaramente negata.

FLOR. (Pantalone è un uomo savio e dabbene). (da sé) Ma che avete fatto, che vaglia a disgustarlo?

LEL. Ecco in che consiste il mio gran delitto. Non sapevo come fare a parlar colla signora Rosaura, per rilevar dalla sua bocca se potevo sperare ch’ella fosse di me contenta, fissando poscia in me stesso, che se la fanciulla mi voleva, il tutore non l’avrebbe potuto impedire.

FLOR. Ebbene, che è accaduto? (Mi pone in un’estrema curiosità). (da sé)

LEL. Ecco in che consiste la mia gran colpa. Col pretesto che mio padre volesse farla vedere a certe signore, sono andato io a prendere in una gondola la signora Rosaura, e unita alla sua cameriera l’ho condotta in una casa a Castello.

FLOR. (Oimè! Che sento!) (da sé)

LEL. Ditemi, è questo un delittogrande, che meriti l’indignazione di mio padre?

FLOR. (Rosaura è stata in balia di Lelio?) (da sé)

LEL. Mio padre è venuto, mi ha ritrovato a discorrere colla ragazza, ha messo sossopra il vicinato, e chi sente lui, pare ch’io abbia assassinato mezzo mondo.

FLOR. (Ah, l’onor mio vuole che io mi disimpegni!) (da sé)

LEL. Eccovi tutta l’istoria. Caro amico, parlate voi a mio padre; ditegli che finalmente Rosaura non è una principessa; che non doveva negarmela, e che il suo sangue ha da prevalere alla sua tutela.

FLOR. (Ci penserò; non voglio che la passione m’acciechi). (da sé)

LEL. Che cosa mi rispondete?

FLOR. Che vostro padre a ragion vi maltratta, che l’ardir vostro merita esser punito, e che da me non isperiate soccorso. (parte)

 

 

 





p. -
33 Passeggerai.



34 Pietre.



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