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VITTORIA: È insolentissimo questo vecchio. Ma nello stato in cui siamo, convien credere che mio fratello abbia bisogno di lui, e convien soffrirlo. Oh, oh, ecco il signor Guglielmo! È tempo che si degni di favorirmi. Ma c'è con lui quello sguaiato di Ferdinando. Pare che Guglielmo lo faccia a posta. Pare ch'egli fugga l'incontro di esser meco da solo a sola. Quest'è segno di poco amore. Sempre più si aumentano i miei sospetti.
FERDINANDO: (Ma, caro amico, ho i miei affari: io non mi posso trattener lungamente). (A Guglielmo.)
GUGLIELMO: (Scusatemi. La visita sarà breve. Ho necessità di parlarvi). (A Ferdinando.) (Giacché ci ho da venire per mio malanno, la compagnia d'un terzo mi giova). (Da sé.)
VITTORIA: (Hanno de' gran segreti que' due signori).
FERDINANDO: M'inchino alla signora Vittoria.
VITTORIA: Signore, che mai vuol dire ch'ella con tanta bontà mi frequenta le di lei grazie? (A Ferdinando.)
FERDINANDO: Sono qui in compagnia dell'amico.
VITTORIA: Ha paura a venir solo il signor Guglielmo?
GUGLIELMO: Signora, scusatemi. Fin ch'io non ho l'onore di essere vostro sposo, parmi che il decoro vostro esiga questo rispetto.
FERDINANDO: Ma, signori miei, quando si concludono le vostre nozze?
VITTORIA: Quando piacerà al gentilissimo signor Guglielmo.
GUGLIELMO: Signora, sapete meglio di me che un matrimonio non si può concludere su due piedi.
FERDINANDO: Avete fatta ancora la scritta?
VITTORIA: Signor no, non ha ancora trovato il tempo per eseguire questa gran cosa che si fa in un momento, e che dovea esser fatta al nostro arrivo in Livorno.
GUGLIELMO: Non mi è ancora riuscito di poter avere il notaro.
FERDINANDO: E che bisogno ci è di notaro? Tali scritture si fanno anche privatamente. Mi era esibito di servirvi io a Montenero; e lo posso far qui, se volete.
VITTORIA: Se si contenta il signor Guglielmo.
GUGLIELMO: Per verità, il signor Leonardo mi ha incaricato di rintracciar il notaro. L'ho già veduto, e siamo in concerto ch'ei si ritrovi qui questa sera. Non mi pare che gli si abbia a fare una malagrazia, e che dalla mattina alla sera vi sia quest'estrema necessità per anticipare.
VITTORIA: Via, via, quando si ha da far questa sera...
FERDINANDO: Io credo che la signora Vittoria di già lo sapesse che si doveva in oggi sottoscrivere questa scritta.
VITTORIA: Perché credete voi ch'io il sapessi?
FERDINANDO: Perché si è vestita da sposa.
VITTORIA: No, v'ingannate. Sono vestita un poco decentemente per far visita alla signora Giacinta.
GUGLIELMO: Volete andar ora dalla signora Giacinta?
VITTORIA: Sì, certo; giacché l'ho da far questa ceremonia, me ne vo' spicciare immediatamente.
VITTORIA: Voleva che venisse con me mio fratello; ma i suoi affari non gliel'hanno permesso.
GUGLIELMO: Vi servirò io, se lo comandate.
VITTORIA: Oh! signor Guglielmo, la ringrazio della bontà che ha per me; questa è la prima volta ch'io la ritrovo meco così gentile. No, no, signore, non le voglio dar quest'incomodo. (Ironicamente.)
FERDINANDO: (Ora principia la visita a divertirmi).
GUGLIELMO: Signora, scusatemi. Io credo che l'andarvi insieme non sia che bene. Sono in debito anch'io di far un simil dovere col signor Filippo e colla signora Giacinta; e se mi accompagno con voi, non ne dovreste essere malcontenta.
VITTORIA: Mi ricordo il vostro saggio riflesso. Finché non siete mio sposo, non è conveniente che ci veggano andar insieme.
FERDINANDO: Dice bene; parla prudentemente. Andate voi a sollecitare il notaio. Io avrò l'onor di servirla dalla signora Giacinta.
VITTORIA: Non sarebbe mal fatto che al mio ritorno, fra un'ora al più, vi ritrovassi qui col notaio. (A Guglielmo.)
GUGLIELMO: E volete andare col signor Ferdinando?
VITTORIA: Sì, andrò con lui, per non andar sola.
GUGLIELMO: Con lui vi piace, e con me vi dispiace?
FERDINANDO: Io mi esibisco per far piacere ad entrambi.
VITTORIA: Con lui non posso essere criticata. (A Guglielmo.)
GUGLIELMO: Sì, signora, ho capito. Il mio cattivo temperamento v'annoia. Il signor Ferdinando è spiritoso e brillante. Principiate assai di buon'ora a farmi comprendere che io devo essere un marito poco felice. Parliamoci chiaro, signora: se io vi dispiaccio, siete ancora in libertà di risolvere.
VITTORIA: Se non avessi amore per voi non m'inquieterei per la vostra freddezza, e non vi darei tanti stimoli per sollecitare la scritta.
GUGLIELMO: Dite d'amarmi, e in faccia mia preferite un altro?
FERDINANDO: Ehi! amico, sareste per avventura di me geloso?
VITTORIA: Non credo mai che vi venissero in capo di tai pensieri. (A Guglielmo.)
GUGLIELMO: Io non penso fuor di ragione; e mi persuado di quel ch'io vedo.
VITTORIA: Signor Guglielmo, parlatemi con sincerità.
GUGLIELMO: Io non vi posso parlare in miglior modo di quel che vi faccio. Dicovi che questo è un torto che voi mi fate, e che non mi credeva di meritarlo.
VITTORIA: (Mi ama dunque più di quello ch'io supponeva).
FERDINANDO: Signori, se io ho da esser d'incomodo, me ne vado immediatamente.
GUGLIELMO: No, no, restate pure; e servite la signora Vittoria.
VITTORIA: No, caro signor Guglielmo, non prendete la cosa in sinistra parte. Vi chiedo scusa se ho potuto spiacervi. Vi amo colla maggior tenerezza del mondo. Ho da essere vostra sposa, e da voi solo vogl'io dipendere. Verrò con voi dalla signora Giacinta. Tralascierò d'andarvi, se pur piace.
GUGLIELMO: Il nostro debito ci sprona egualmente a quest'atto di convenienza.
VITTORIA: Andiamoci dunque immediatamente. Scusi, signor Ferdinando, s'io non mi prevalgo delle sue grazie.
FERDINANDO: Si serva pure. Per me sono indifferente.
GUGLIELMO: Il signor Ferdinando favorirà di venir con noi.
VITTORIA: Ma non c'è bisogno...
GUGLIELMO: Sì, signora, ce n'è bisogno per quella massima di onestà, di decoro, che io ho suggerita, e che voi avete approvata.
FERDINANDO: Sicché dunque io ho da servire di comodino.
VITTORIA: Ah! signor Guglielmo, se è ver che mi amate...
GUGLIELMO: Via, andiamo, prima che si avvicini l'ora del pranzo.
VITTORIA: Eccomi pronta, come vi piace.
GUGLIELMO: Amico, favorite la signora Vittoria. (A Ferdinando.)
FERDINANDO: Volete ch'io le dia braccio? (A Guglielmo.)
GUGLIELMO: Sì, fateci quest'onore.
VITTORIA: E perché non lo fate voi?
GUGLIELMO: So le mie convenienze, signora. Mi basta di non essere maltrattato.
VITTORIA: Ma, io certamente...
GUGLIELMO: Signora, un poco più di rassegnazione: vi prego di lasciarvi servire.
VITTORIA: Obbedisco. (Principio ad essere un po' più contenta). (Dà la mano a Ferdinando.)
FERDINANDO: (Per dire la verità, mi fanno fare certe figure... Basta; mi consolo che al pasto nuziale ci avrà da essere la mia posata). (Parte con Vittoria.)
GUGLIELMO: (Quanto mai ho dovuto fingere e faticare, per cogliere l'opportunità di rivedere Giacinta). (Parte.)