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ATTO SECONDO
Scena Quinta. Bernardino in veste da camera all'antica, e Pasquale servitore; poi Fulgenzio
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Camera in casa di Bernardino.
BERNARDINO: Chi è che mi vuole? Chi mi domanda? (A Pasquale.)
PASQUALE: È il signor Fulgenzio che desidera riverirla.
BERNARDINO: Padrone, padrone. Venga il signor Fulgenzio, padrone.
FULGENZIO: Riverisco il signor Bernardino.
BERNARDINO: Buon giorno, il mio caro amico. Che fate? State bene? È tanto che non vi vedo.
FULGENZIO: Grazie al cielo sto bene, quanto è permesso ad un uomo avanzato che principia a sentire gli acciacchi della vecchiaia.
BERNARDINO: Fate come fo io, non ci abbadate. Qualche male si ha da soffrire; ma chi non ci abbada, lo sente meno. Io mangio quand'ho fame, dormo quando ho sonno, mi diverto quando ne ho volontà. E non bado; non bado. E a che cosa s'ha da badare? Ah, ah, ah, è tutt'uno! non ci s'ha da badare. (Ridendo.)
FULGENZIO: Il cielo vi benedica: voi avete un bellissimo temperamento. Felici quelli che sanno prendere le cose come voi le prendete.
BERNARDINO: È tutt'uno, è tutt'uno. Non ci s'ha da badare. (Ridendo.)
FULGENZIO: Sono venuto ad incomodarvi per una cosa di non lieve rimarco.
BERNARDINO: Caro signor Fulgenzio, sono qui, siete padrone di me.
FULGENZIO: Amico, io vi ho da parlare del signor Leonardo vostro nipote.
BERNARDINO: Del signor marchesino? Che fa il signor marchesino? Come si porta il signor marchesino?
FULGENZIO: Per dir la verità, non ha avuto molto giudizio.
BERNARDINO: Non ha avuto giudizio? Eh capperi! Mi pare che abbia più giudizio di noi. Noi fatichiamo per vivere stentatamente; ed ei gode, scialacqua, tripudia, sta allegramente: e vi pare ch'ei non abbia giudizio?
FULGENZIO: Capisco che voi lo dite per ironia, e che nell'animo vostro lo detestate, lo condannate.
BERNARDINO: Oh! io non ardisco d'entrare nella condotta dell'illustrissimo signor marchesino Leonardo. Ho troppo rispetto per lui, per il suo talento, per i suoi begli abiti gallonati. (Ironico.)
FULGENZIO: Caro amico, fatemi la finezza, parliamo un poco sul serio.
BERNARDINO: Sì, anzi; parliamo pure sul serio.
FULGENZIO: Vostro nipote è precipitato.
BERNARDINO: È precipitato? È caduto forse di sterzo? I cavalli del tiro a sei hanno forse levato la mano al cocchiere?
FULGENZIO: Voi ridete, e la cosa non è da ridere. Vostro nipote ha tanti debiti, che non sa da qual parte scansarsi.
BERNARDINO: Oh! quando non c'è altro mal, non è niente. I debiti non faranno sospirar lui, faranno sospirare i suoi creditori.
FULGENZIO: E se non vi è più roba, né credito, come farà egli a vivere?
BERNARDINO: Niente; non è niente. Vada un giorno per uno da quelli che hanno mangiato da lui, e non gli mancherà da mangiare.
FULGENZIO: Voi continuate sul medesimo tuono, e pare che vi burliate di me.
BERNARDINO: Caro il signor Fulgenzio, sapete quanta amicizia, quanta stima ho per voi.
FULGENZIO: Quand'è così, ascoltatemi come va, e rispondetemi in miglior maniera. Sappiate che il signor Leonardo ha una buona occasione per maritarsi.
BERNARDINO: Me ne consolo, me ne rallegro.
FULGENZIO: Ed è per avere ottomila scudi di dote.
BERNARDINO: Me ne rallegro, me ne consolo.
FULGENZIO: Ma se non si rimedia alle sue disgrazie, non averà la figlia, e non averà la dote.
BERNARDINO: Eh! un uomo come lui? Batte un piè per terra, e saltano fuori i quattrini da tutte le parti.
FULGENZIO: (Or ora perdo la sofferenza. Me l'ha detto il signor Leonardo). Io vi dico che vostro nipote è in rovina. (Sdegnato.)
BERNARDINO: Sì eh? Quando lo dite, sarà così. (Fingendo serietà.)
FULGENZIO: Ma si potrebbe rimettere facilmente.
BERNARDINO: Benissimo, si rimetterà.
FULGENZIO: Però ha bisogno di voi.
BERNARDINO: Oh! questo poi non può essere.
FULGENZIO: E si raccomanda a voi.
BERNARDINO: Oh il signor marchesino! è impossibile.
FULGENZIO: È così, vi dico, si raccomanda alla vostra bontà, al vostro amore. E se non temessi che lo riceveste male, ve lo farei venire in persona a far un atto di sommissione, e a domandarvi perdono.
BERNARDINO: Perdono? Di che mi vuol domandare perdono? Che cosa mi ha egli fatto da domandarmi perdono? Eh! mi burlate: io non merito queste attenzioni; a me non si fanno di tali uffizi. Siamo amici, siamo parenti. Il signor Leonardo? Oh! il signor Leonardo mi scusi, non ha da far con me queste ceremonie.
FULGENZIO: Se verrà da voi, l'accoglierete con buon amore?
BERNARDINO: E perché non l'ho da ricevere con buon amore?
FULGENZIO: Se mi permettete dunque, lo farò venire.
BERNARDINO: Padrone, quando vuole; padrone.
FULGENZIO: Quand'è così, ora lo chiamo, e lo fo venire.
BERNARDINO: E dov'è il signor Leonardo?
FULGENZIO: È di là in sala, che aspetta.
BERNARDINO: In sala, che aspetta? (Con qualche maraviglia.)
FULGENZIO: Lo farò venire, se vi contentate.
BERNARDINO: Sì, padrone; fatelo venire.
FULGENZIO: (Sentendo lui, può essere che si muova. Per me mi è venuto a noia la parte mia). (Parte.)