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GIACINTA: Son fuor di me. Non so in che mondo mi sia.
BRIGIDA: Signora padrona, come va la macchina?
GIACINTA: Taci, per carità. Non cimentarti con barzellette a provocare la mia sofferenza.
BRIGIDA: Signora, avrei una cosa da dirvi; ma non vorrei che vi metteste in maggior ardenza.
GIACINTA: E che cosa vorresti dirmi?
BRIGIDA: Se non vi calmate, non ve la dico.
GIACINTA: Via, compatiscimi, che merito di essere compatita. Parlami, che ti ascolterò senza sdegno.
BRIGIDA: Nell'atto che scendeva le scale la signora Vittoria, servita dal signor Ferdinando...
GIACINTA: Non la serviva Guglielmo? Era servita da Ferdinando?
BRIGIDA: Sì, signora, il signor Ferdinando le dava braccio.
GIACINTA: (L'ho sempre detto. Guglielmo non la può soffrire).
BRIGIDA: Nell'atto dunque ch'essi scendevano, restò indietro il signor Guglielmo. Mi chiamò sottovoce...
GIACINTA: E che cosa ti ha detto quel temerario?
BRIGIDA: Se andate in collera, non vi dico altro.
GIACINTA: No, non sono in collera. Ti ascolto placidamente. Che cosa ti ha detto?
BRIGIDA: Aveva in mano una lettera...
GIACINTA: Per chi una lettera?
BRIGIDA: Per voi.
GIACINTA: Per me una lettera? Hai tu avuto l'imprudenza di prenderla?
BRIGIDA: Signora no, signora no; non l'ho presa. (Se le dico di averla presa, mi salta agli occhi).
GIACINTA: (A me una lettera? Che mai avrebbe egli ardito di scrivermi?).
BRIGIDA: (Non la voleva; me l'ha voluta dare per forza).
GIACINTA: (Per altro mi avrebbe potuto giovar moltissimo sentir com'egli pensa presentemente).
BRIGIDA: (Faccio conto di gettarla nel foco).
GIACINTA: Ti ha detto nulla nel volerti dare la lettera?
BRIGIDA: Niente affatto, signora.
GIACINTA: Come hai fatto a capire che ti voleva dare una lettera?
BRIGIDA: Mi ha chiamato. Ho veduto ch'egli aveva la carta in mano.
GIACINTA: E come sapesti che quella carta veniva a me?
GIACINTA: Dunque ti ha parlato.
BRIGIDA: Due parole si dicon presto.
GIACINTA: E perché hai tu ricusato di pigliar quella lettera?
BRIGIDA: Perché è un impertinente, che non vuol finire d'importunarvi.
GIACINTA: Gran disgrazia è la mia, che tu abbia sempre da fare il peggio. Sono in un'estrema curiosità. Pagherei quanto ho al mondo, a poter veder quella lettera che tu hai ricusato di prendere.
GIACINTA: Tu vuoi far sempre la sufficiente, la politica, la dottoressa.
BRIGIDA: Eh! vi conosco, signora, voi dite così per assicurarvi s'io l'ho presa, o s'io non l'ho presa.
GIACINTA: Brigida, l'hai tu pigliata la lettera? (Dolcemente.)
BRIGIDA: E se l'avessi pigliata, mi dareste voi delle bastonate?
GIACINTA: No, cara, ti ringrazierei, ti benedirei, ti farei un regalo che ne resteresti contenta.
BRIGIDA: (Io non so se mi possa fidare).
GIACINTA: Brigida, l'hai tu presa? (Dolcemente.)
BRIGIDA: Se devo dirvi la verità, dubitando ch'egli la desse a qualchedun altro, ho creduto meglio di prenderla.
GIACINTA: Ah! dammela. Non mi far morire.
BRIGIDA: Eccola. Ho fatto male a pigliarla?
GIACINTA: No, che tu sia benedetta. Lasciala un po' vedere.
GIACINTA: Oh cieli! Mi trema il core, mi trema la mano. Ah! che questa lettera potrebbe essere la mia rovina.
BRIGIDA: Fate a modo mio, signora, abbruciatela, non la leggete.
GIACINTA: Va via. Lasciami sola.
BRIGIDA: Oh! no, compatitemi, non vi lascio sola.
GIACINTA: Va via, dico, non m'inquietare. (Sdegnata.)
BRIGIDA: Sì, signora, come comanda. (Eh! già il mio regalo ha da consistere in ingiurie, in rimproveri; già me l'aspetto). (Parte.)