ISI.
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Buon giorno, don Anselmo.
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ANS.
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Don Isidoro mio,
Il ciel vi dia quel bene che bramo avere anch'io.
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ISI.
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Don Berto non si vede?
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ANS.
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Don Berto, il poveraccio,
Con questa sua nipote si è preso un bell'impaccio.
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ISI.
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Questa
signora vedova intesi dir che sia
Una
di quelle donne che fanno economia.
Avvezza
col marito ad esser la matrona,
Chi sa che ella non voglia qui pur far da padrona?
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ANS.
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Per
me, ch'ella comandi, poco ci penso, o nulla:
Spiacemi
solamente per l'altra, ch'è fanciulla.
Chi
ha praticato il mondo, ch'è un consiglier sì empio,
Non
può che alle innocenti servir di mal esempio.
Donna
Luigia amabile è una colomba pura.
(Temo per acquistarla perduta ogni mia cura). (da sé)
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ISI.
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Son
da tant'anni avvezzo dispor di questa casa,
Io sono
il consigliere, io son mastro di casa,
Comando
al cantiniere, comando alla cucina:
Che
ora costei venisse a far la dottorina?
Mi
spiacerebbe, affé. Noi siam bene avvezzati
Mangiare
con don Berto bocconi delicati.
Di
tutte le primizie la tavola è ripiena:
Si
mangia bene a pranzo, meglio si mangia a cena.
E
siam padroni noi più del padrone istesso;
E che costei venisse a comandare adesso?
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ANS.
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Eh, per mangiar non preme; si piglia quel che viene.
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ISI.
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Però se vi è del buono, voi vi portate bene.
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ANS.
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Per la mia bocca facile i ceci anche son buoni.
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ISI.
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Mi pare che vi piacciano le trute ed i capponi.
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ANS.
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Se
vi son, non li sdegno. Son creati per l'uomo;
Ma
basta per nudrirci una radice, un pomo.
Per
vivere digiuno avrei forza e virtute,
Del prossimo potendo giovare alla salute.
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ISI.
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Ecco viene don Berto.
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ANS.
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Convien discreditare
Costei;
non per il sozzo desio di mormorare,
Ma
sol perché don Berto scacci la donna pazza,
Che può nel mal costume condurre una ragazza.
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ISI.
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A voi preme la figlia, a me sol la cucina.
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ANS.
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Ah, non sapete quanto vaglia un'innocentina.
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