Carlo Goldoni
La vedova spiritosa

ATTO QUARTO

SCENA SECONDA   Donna Placida, poi don Berto

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SCENA SECONDA

 

Donna Placida, poi don Berto.

 

PLA.

Costei fa qualche imbroglio. Dai segni io la ravviso.

Vanta innocenza meco, e poi si cambia in viso.

È troppo scarsa al mondo la pietà, l'amicizia,

Temo che i cento ruspi non sian senza malizia.

Vuol parlare a Luigia, e la ragion mi asconde;

Le dico un mio sospetto, si turba e si confonde.

Ah, queste serve giovani, dove ci son zitelle,

Non son guardie bastanti a custodir agnelle.

BER.

Oh nipote, ho piacere di ritrovarvi qui.

Parliamo un po' sul serio, pria che tramonti il .

Quando risolto avete d'andare a ritirarvi?

PLA.

Son pronta ogni momento.

BER.

Ed io per contentarvi

Per darvi, qual bramate, consolazione vera,

Son pronto nel ritiro a chiudervi stassera.

PLA.

S'è di già ritrovato?

BER.

Certo, e obbligazione

Abbiamo a don Anselmo. Ei trovò l'occasione.

PLA.

Signore, i vostri cenni solo obbedir mi cale;

Anch'io bramo il ritiro, ma non con mezzo tale.

Pace non mi prometto fra incognite persone,

Qualor mi sia di scorta un falso bacchettone.

BER.

Voi di quell'uom dabbene che opinione avete?

Credetemi, nipote, che voi nol conoscete.

Ha un vero amor per tutti, di voi parlò in maniera

Che si conosce in esso la carità sincera.

Pentito ero, il confesso, di chiudervi sì presto;

Che non fe', che non disse il galantuomo onesto,

Perché mi risolvessi di non frappor dimora?

Per voi, per persuadermi, ha faticato un'ora.

PLA.

Essere non potrebbe l'amor, la carità

Timor ch'io gl'impedissi l'usata libertà?

Piacer di veder sola in casa una fanciulla?

BER.

Oh ciel! che avete detto? Oibò! non ne sa nulla.

Non vuol donne. Le donne son per lui tante furie.

Quelle del capitano furon calunnie, ingiurie.

Sentirsi a dir tai cose, tanto l'afflisse e tanto,

Che l'ho veduto io stesso a piangere in un canto.

PLA.

Mortificarsi e piangere e lamentar si suole

Ciascun, qualor si sente toccar dove gli duole.

BER.

Oh oh, via, donna Placida. Pensar mal non conviene.

Don Anselmo, vi dico, so io ch'è un uom dabbene.

PLA.

Quali nuove ne avete?

BER.

Ne vedo ogni momento.

Sentitene una fresca, che val per più di cento.

all'onore di semplici donzelle,

Procura l'uom dabbene di maritar zitelle;

E non saran tre ore che a lui de' miei quattrini,

Per maritarne una, died'io cento zecchini.

Queste son opre buone.

PLA.

(Che sì, che la sposina

Ch'ebbe i cento zecchini, sarà la Clementina?) (da sé)

BER.

Di lui direte male? Ah! dubitar potrete?

PLA.

Questa buona zitella, signor, la conoscete?

BER.

Non vuol che alla ragazza sia noto il nome mio,

Né vuol ch'io la conosca.

PLA.

Saggio costume e pio.

Ma che direste voi se io la conoscessi,

E il nome della giovane e il grado vi dicessi?

BER.

Ne avrei piacer, per dirla.

PLA.

Saperlo a me sortì.

Ma non lo dico adesso; voi lo saprete un .

BER.

Che dite or del buon uomo? Non ha un cor che innamora?

PLA.

Tutta la sua bontade non conoscete ancora.

Ora discuopro in esso un zelo, una virtù,

Che l'onestà del cuore giustifica di più.

Pria che tramonti il giorno, pubblicamente io spero

Che lo conosca ognuno, e che si scuopra il vero.

BER.

Via, ritrattate adunque ogni sospetto insano.

Mi preme soprattutti smentito il capitano.

Andrem con don Anselmo, andrem poscia al ritiro.

Vogl'ire a consolarlo. Nipote mia, respiro. (parte)

 

 

 


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