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Don Isidoro, poi don Sigismondo.
ISI. |
La vedova garbata mi presentò uno specchio; Ma quel ch'entra per uno, va fuor per l'altro orecchio. |
O di casa! |
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ISI. |
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La civiltà, signore, la so al pari d'ognuno. A basso, sulle scale, in sala, non vi è alcuno. È ver che in altro loco dovevasi chiamare; Ma son venuto innanzi, così, senza pensare. Chi siete voi per altro, che vuol rimproverarmi? |
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ISI. |
Sono amico di casa. Vi prego di scusarmi, |
ISI. |
A me svelar potete quel che da lei vi preme. Io son di donna Placida l'amico, il confidente. Senza di me la vedova mai non risolve niente. Anzi con me, per dirvela, poc'anzi ha consigliato Sulla proposizione di prender nuovo stato. Fra lo sposo e il ritiro risolta ancor non è, E può la nuova scelta dipendere da me. Volete che le parli? per voi posso far nulla? |
(Non è da disprezzarsi la giovane fanciulla). (da sé) |
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ISI. |
Via la soggezione. Siam uomini di mondo. |
ISI. |
Volete ch'io la chiami? |
Mi farete piacere. |
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ISI. |
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ISI. |
Perché una donna vedova venir con sua sorella? Anzi verrà soletta. |
È vedova ancor ella? |
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ISI. |
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ISI. |
È stata maritata. È morto suo marito, Ed or vuol, quanto prima, riprendere partito. Se voi vi dichiarate, io sono il confidente. |
ISI. |
Vi servirò da amico. (Un merito così Mi fo con donna Placida). Donna Luigia è qui. (a don Sigismondo, con dispiacere) |
Lasciatemi con lei. |
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ISI. |
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ISI. |
Voi non capite nulla. |
ISI. |
Dell'altra, e non di questa. |
Sarà; non vi ho capito. |
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ISI. |
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Dunque dell'altra siete il confidente amico. |
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ISI. |
Dell'altra, sì signore. |
ISI. |
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ISI. |
L'avrà da noi sottratta pudor di gioventù. Ma verrà, s'io le parlo. |
Fatemi la finezza. |
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ISI. |
Infatti ha la minore più grazia e più bellezza. La vedova è una donna ch'è assai pontiglïosa, Questa è ancor giovinetta, è semplice e amorosa. Vado a servirvi subito. Prometto a voi mandarla. (Coll'altra mi fo merito, se vado ad avvisarla). (da sé, e parte) |