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   LUI. 
   | 
  
   Sì,
  don Anselmo è un perfido, è innamorato, è vero. 
  Ecco chi può saperlo. (a Clementina) 
   | 
 
 
  | 
   CLE. 
   | 
  
   Ma il danar non l'ho in mano. 
   | 
 
 
  | 
   BER. 
   | 
  
   Cosa ho da far, signori? 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Lo dica il capitano. 
   | 
 
 
  | 
   ANS. 
   | 
  
   Non
  signor, non s'incomodi di dar la sua sentenza. 
  Confesso
  che ho fallato, farò la penitenza. 
  Ecco
  i cento zecchini. Non ho pretensioni. 
  Ah, voi mi rovinaste! Il ciel ve lo perdoni. (parte) 
   | 
 
 
  | 
   BER. 
   | 
  
   Ma io resto di sasso. 
   | 
 
 
  | 
   FER. 
   | 
  
   Passarsela non speri. 
  Lo farò bastonare da quattro granatieri. 
   | 
 
 
  | 
   FAU. 
   | 
  
   No,
  signor capitano; domani dallo stato 
  Farò che dal governo sia colui esiliato. 
   | 
 
 
  | 
   BER. 
   | 
  
   Povero don Anselmo! 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Il falso bacchettone 
  Ancor vi sta sul cuore? (a don Berto) 
   | 
 
 
  | 
   BER. 
   | 
  
   No, no, avete ragione. 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Vada
  le mille miglia l'empio lontan da noi, 
  E vada anche la serva a fare i fatti suoi. 
   | 
 
 
  | 
   BER. 
   | 
  
   Vada la serva ancora. 
   | 
 
 
  | 
   CLE. 
   | 
  
   Pazienza. Paoluccio, 
  Di', mi vorrai più bene? 
   | 
 
 
  | 
   PAO. 
   | 
  
   Eh, non son così ciuccio. (parte) 
   | 
 
 
  | 
   CLE. 
   | 
  
   Domandovi
  perdono. Povera Clementina! 
  Venuto
  è un impostore a far la mia rovina. 
  Tardi
  averò imparato a spese mie, signori: 
  La dote
  guadagnarla dobbiam con i sudori. 
  Quando
  è male acquistata, il ciel così destina. 
  In semola va tutta del diavol la farina. (parte) 
   | 
 
 
  | 
   BER. 
   | 
  
   Cose, cose... son cose da perdere il cervello. 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Che
  fa don Sigismondo? Si perde in sul più bello. 
  Eccolo
  astratto in guisa che pare un insensato. 
  Dico: don Sigismondo. 
   | 
 
 
  | 
   SIG. 
   | 
  
   Son qui. Chi m'ha chiamato? 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   In mezzo a tanti strepiti siete in distrazione? 
   | 
 
 
  | 
   SIG. 
   | 
  
   Di
  rimanere estatico non ho forse ragione? 
  Pieno
  di tristi è il mondo. In che stagion mai siamo? 
  Appunto. Che risolve la giovane ch'io bramo? 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   A voi, donna Luigia. 
   | 
 
 
  | 
   LUI. 
   | 
  
   Germana, io non dispongo. 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Il signor zio che dice? 
   | 
 
 
  | 
   BER. 
   | 
  
   Figliuola, io non mi oppongo. 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Dunque la man porgete al cavalier che vi ama. 
   | 
 
 
  | 
   LUI. 
   | 
  
   Ecco la man. 
   | 
 
 
  | 
   SIG. 
   | 
  
   Sì, cara, contenta è la mia brama. 
   | 
 
 
  | 
   BER. 
   | 
  
   Alfin
  voi mi lasciate, nipote mia carissima; 
  Siete contenta almeno? 
   | 
 
 
  | 
   LUI. 
   | 
  
   Signor, son contentissima. 
   | 
 
 
  | 
   BER. 
   | 
  
   Ed io
  resterò solo? Voi pure abbandonarmi? 
  Voi nel ritiro andrete? (a donna Placida) 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Non penso a ritirarmi. 
   | 
 
 
  | 
   BER. 
   | 
  
   Che? vi è venuto in mente qualche miglior partito? 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Non so. (guardando don Fausto) 
   | 
 
 
  | 
   BER. 
   | 
  
   Cosa ha risolto? (a don Fausto) 
   | 
 
 
  | 
   FAU. 
   | 
  
   Di prendere marito 
  È ver? 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Potrebbe darsi. 
   | 
 
 
  | 
   FER. 
   | 
  
   Ed è meco impegnata, 
  Quando amor la consigli. 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Mi avete innamorata? (a
  don Ferramondo) 
   | 
 
 
  | 
   FER. 
   | 
  
   Tempo non ebbi a farlo; ma di arrivarvi io stimo. 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Dissi
  vel rammentate, chi m'innamora è il primo. 
  Di
  conseguir tal forza un altro ebbe la sorte. 
  M'innamorai, son vinta, don Fausto è mio consorte. 
   | 
 
 
  | 
   FER. 
   | 
  
   Come! a me sì gran torto? 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Di un torto vi dolete? 
  Che
  colpa han gli occhi miei, se voi non mi piacete? 
  Dovea
  forse più a lungo soffrire un tal cimento? 
  Vi
  è noto che si accendono le fiamme in un momento? 
  Lo
  sa chi mi possiede, lo sa quanto ha costato 
  Alla
  sua sofferenza l'avermi innamorato; 
  E
  quel che non poterono lunghi sospiri e duolo, 
  Non
  vi saprei dir come potuto ha un punto solo. 
  Se
  la ragion vantate, se cavalier voi siete, 
  Perdono,
  a chi vi stima, concedere dovete; 
  E
  rilevando il vero che puramente io dico, 
  Esser di me qual foste, e di don Fausto amico. 
   | 
 
 
  | 
   FER. 
   | 
  
   Non
  so che dir, conosco che mi vien fatto un torto. 
  Da una donna di spirito l'ammiro e lo sopporto. 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   (Poco non è, che il fiero siasi a ragion calmato). (da
  sé) 
   | 
 
 
  | 
   LUI. 
   | 
  
   (Ora sarà contenta, alfin se l'ha pigliato). (da sé) 
   | 
 
 
  | 
   BER. 
   | 
  
   Eccovi
  spose entrambe, io povero sgraziato, 
  Eccomi
  solo in casa da tutti abbandonato. 
  Cospetto! se mi salta, anch'io prendo una moglie. 
   | 
 
 
  | 
   PLA. 
   | 
  
   Signor,
  se l'aggradite, noi stiamo in queste soglie. 
  Don Fausto avrà piacere di rimanervi allato. 
   | 
 
 
  | 
   FAU. 
   | 
  
   In me, signore, avrete un servo e un avvocato. 
   | 
 
 
  | 
   BER. 
   | 
  
   Bene,
  restate meco; alla minor nipote 
  Darò,
  qual si conviene, giustissima la dote. 
  E
  voi che siete stata, e siete una gran donna, 
  Di tutta casa mia vi fo donna e madonna. 
   |