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Corallina: Povero padrone! Se fossi una di quelle che ambiscono, accetterei il partito. Mi sposerebbe ora per gratitudine, ma poi, dopo qualche tempo, se ne pentirebbe, e in vece di ringraziarmi di quel che ho fatto per lui, maledirebbe la mia pietà interessata.
Rosaura: Corallina, c’è nessuno?
Corallina: Venga, signora, non c’è nessuno.
Rosaura: Non siete più venuta da me, ed io son venuta da voi.
Corallina: Questo è un onore che io non merito. Se avesse ella comandato, sarei venuta a servirla: s'accomodi.
Rosaura: Ora mio padre dorme. Posso pigliarmi questa poca di libertà. (siede)
Corallina: Siamo tanto vicine...
Rosaura: Ma con tutto questo vo riguardata. Via, sedete anche voi.
Corallina: Che cosa ha da comandarmi, signora Rosaura? (siede)
Rosaura: Avete saputo la bella novità?
Rosaura: Quello scimunito di Lelio ha avuto ardire di presentarsi a mio padre, e chiedermi a lui in isposa.
Corallina: Che cosa gli ha risposto il signor Pantalone?
Rosaura: Potete figurarvelo. Mio padre non mi ama sì poco, ch'io abbia a temere ch'ei mi volesse precipitare.
Corallina: In fatti sarebbe un peccato, che una signorina così gentile e garbata andasse in potere di un uomo senza spirito e senza grazia.
Rosaura: Mi ricordo ancora un giorno, che ei mi tenne dietro per la strada. Faceva ridere tutta la gente, e quando passa sotto le mie finestre, è il divertimento del vicinato.
Corallina: Anch'io qualche volta ho riso alle di lui spalle.
Rosaura: Per altro ha egli fatto quello che il signor Florindo non si sente di fare. Ha parlato egli al mio genitore, cosa che il signor Florindo non ha forse ancora pensato.
Corallina: Oggi ha destinato di farlo.
Rosaura: Basta, Corallina mia, lasciate ch'io vi parli con libertà. Non vorrei che questa cosa fosse promossa da voi per qualche buon genio che abbiate per me, e che il signor Florindo c'inclinasse poco, e lo facesse per complimento. Io lo stimo assaissimo, e accomodate che sieno le cose sue, desidererei che mio padre me lo proponesse: però, s'egli non mi volesse veramente bene, non sono ancora in istato di non potermelo staccar dal cuore, e non vorrei che facessimo la sua e la mia infelicità.
Corallina: Ella parla, signora mia, da donna assennata, non da giovinetta com'è. Gli stessi stessissimi sentimenti li ha il signor Florindo. Dubita anch'egli, che un trattato fatto per via di terze persone, impegni più per convenienza che per affetto. E in verità, in materia di matrimoni, sarebbe sempre ben fatto, che gli sposi prima di concludere si parlassero una volta almeno, e si assicurassero della loro reciproca inclinazione. Così i matrimoni riuscirebbero bene. Altrimenti la distanza inganna; le finestre confondono la verità, e si suol dire per proverbio: non ti conosco, se non ti pratico.
Rosaura: Ma! Come mai potrebbe accadere, che il signor Florindo mi vedesse da vicino e mi parlasse? Io lo credo difficile. In casa mia non verrà, se mio padre non gli dà parola e non la riceve da lui; e data la parola, non c'è più rimedio.
Corallina: Non potrebbe ella venire una mattina, o un giorno, così segretamente da me; e qui col signor Florindo vedersi?.
Rosaura: Oibò, oibò, il cielo me ne guardi. Se ci fosse il signor Florindo, non ci verrei per tutto l'oro del mondo. Per questo ho mandato Brighella innanzi, e s'egli c'era, non ci veniva. Anzi sarà bene ch'io parta innanzi ch'egli ritorni... (alzandosi)
Corallina: Eh, si fermi liberamente, per ora non torna.
Corallina: Credo che sia da suo padre.
Rosaura: Si accomodano le cose sue?
Corallina: Questa sera le spero accomodate.
Rosaura: Ma perché non parla dunque a mio padre?
Corallina: Egli, per quel ch'io credo, vorrebbe prima parlar con lei.
Corallina: Assolutamente non v'è altro rimedio, che venire una mattina da me.
Rosaura: E se si vien a sapere?
Corallina: Non lo saprà né men l'aria.
Rosaura: Come faremo a saper il quando?
Corallina: Lasci fare a me. Basta che mi dia parola di venir a parlar con lui, quando io l'avviserò.
Rosaura: Se sarà in mio potere, verrò senz’altro.
Corallina: Quand'è così, l'invito adesso.
Rosaura: A far che?
Corallina: A parlare col signor Florindo.
Corallina: Qui, in questa casa.
Rosaura: Non ho tempo per aspettar ch'ei ritorni.
Rosaura: Come?
Corallina: Signora Rosaura, perdoni, non si adiri. Egli è in quella camera.
Rosaura: Questo è un tradimento.
Corallina: Tradimento? L'ho io mandata a chiamare?
Rosaura: Avete detto a Brighella ch'egli non c'era.
Corallina: E allora non c’era.
Corallina: E la vostra parola?
Corallina: Non avete promesso, che avvisandovi sareste venuta?
Corallina: Oh bella! Come non potete venire, se già ci siete?
Rosaura: Corallina, lasciatemi andare.
Corallina: Voi mancherete alla vostra parola.
Rosaura: Me l'avete carpita. Siete una donna astuta.
Corallina: Oh, quand'è così, da me non ci venite più.
Rosaura: Compatitemi, non vi adirate.
Corallina: Vengo, vengo. (fingendo esser chiamata)
Corallina: Non sente? Sono chiamata.
Rosaura: Da chi?
Corallina: Dal signor Florindo, dal mio padrone.
Rosaura: Che dirà della mia debolezza?
Corallina: Vuol dire perché se ne va?
Rosaura: No: perché qui son venuta.
Corallina: Dirà ch'ella fa il giocolino dei bambini.
Rosaura: Che vale a dire? Fa capolino e fugge. Oimè! Vengo, vengo. (come sopra)
Rosaura: Un'altra volta, se mi avviserete a tempo, verrò.
Corallina: Eh! via, che occorre far meco cotanti fichi? Chi sono io? Una sguaiataccia da non fidarsene? Sono una ciarliera, che vada a dirlo al mercato? Non son io quella, in cui diceste di confidarvi? Il rossore, la timidezza, va bene sino ad un certo segno, ma la melensaggine poi non è da una par vostra. Se avete intenzione di parlare col signor Florindo, che importa oggi o domani? Non è tutt'uno? Non sono freddure? Certe cose non le posso soffrire. Già che ci siete, stateci. Il signor Florindo è lì, lo meno qui; lo vedete, vi spicciate, e ve n'andate con un poco più di proposito e di convenienza. (va nella camera di Florindo)
Rosaura: Oh Dio! Che faccio? Resto o me ne vado? Corallina mi ha confusa, mi ha stordita.