Carlo Goldoni
Il servitore di due padroni

ATTO TERZO

Scena Quindicesima. Beatrice e detti

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Scena Quindicesima. Beatrice e detti

 

BEATRICE Signori, eccomi qui a chiedervi scusa, a domandarvi perdono, se per cagione mia aveste dei disturbi...

CLARICE Niente, amica, venite qui (l'abbraccia).

SILVIO Ehi? (mostrando dispiacere di quell'abbraccio).

BEATRICE Come! Nemmeno una donna? (verso Silvio).

SILVIO (Quegli abiti ancora mi fanno specie).

PANTALONE Andè , siora Beatrice, che per esser donna e per esser zovene, gh'avè un bel coraggio.

DOTTORE Troppo spirito, padrona mia (a Beatrice).

BEATRICE Amore fa fare delle gran cose.

PANTALONE I s'ha trovà, né vero, col so moroso? Me stà conta.

BEATRICE Si, il cielo mi ha consolata.

DOTTORE Bella riputazione! (a Beatrice).

BEATRICE Signore, voi non c'entrate nei fatti miei (al Dottore).

SILVIO Caro signor padre, lasciate che tutti facciano il fatto loro non vi prendete di tai fastidi. Ora che sono contento io, vorrei che tutto il mondo godesse. Vi sono altri matrimoni da fare? Si facciano.

SMERALDINA Ehi, signore, vi sarebbe il mio (a Silvio).

SILVIO Con chi?

SMERALDINA Col primo che viene.

SILVIO Trovalo, e son qua io.

CLARICE Voi? Per far che? (a Silvio).

SILVIO Per un poco di dote.

CLARICE Non vi è bisogno di voi.

SMERALDINA (Ha paura che glielo mangino. Ci ha preso gusto).

 


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