Carlo Goldoni
Lo scozzese

ATTO PRIMO

SCENA QUINTA   Lindana e Marianna

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SCENA QUINTA

 

Lindana e Marianna

 

LIND. No, non ti posso credere. Milord... Dov'è egli andato? Milord?... Ah! Marianna, tu hai parlato seco lui lungamente.

MARIAN. Signora, acchetatevi sulla mia parola.

LIND. Va a vedere se c'è Milord. Voglio parlare con esso lui.

MARIAN. E lo volete ricevere senza i soliti testimoni?

LIND. Siamo in una pubblica sala. Cercalo immediatamente.

MARIAN. (Prego il cielo che non ci sia). (va e torna)

LIND. Marianna mi ama. È giovane di buon costume. ma l'amore medesimo potrebbe spingerla a palesarmi. e se Milord sa chi sono, oh cieli! siamo entrambe perdute.

MARIAN. Non c'è più, signora.

LIND. È partito?

MARIAN. Sull'onor mio, è partito.

LIND. Perché partire senza vedermi?

MARIAN. Perché gli ho detto ch'eravate spogliata.

LIND. Altre volte si è trattenuto. non gli è rincresciuto aspettare.

MARIAN. Questa volta avrà avuto maggior premura.

LIND. Marianna, tu hai ragionato lungamente con esso lui.

MARIAN. Lungamente? Non mi pare, signora.

LIND. Pare a me. Ti ho veduta. Quai discorsi si sono fatti?

MARIAN. Mi ha domandato se state bene, se avete dormito bene, e cose simili.

LIND. Ti ha egli domandato chi sono?

MARIAN. Oh! questa poi è la solita interrogazione. Da che lo conosco, me l'averà chiesto trecento volte.

LIND. E tu che cosa hai risposto?

MARIAN. Che non lo so nemmen io. ch'è poco tempo ch'io sto con voi, che vi conosco per quella che mi il salario...

LIND. Ah! Marianna, tu mi rimproveri col miglior artifizio del mondo. Non ti do il salario. non ti do che scarso alimento. Soffrimi fin che puoi, non mi abbandonare.

MARIAN. Io abbandonarvi? Non dubitate, signora mia. Non lo farò mai. Sarei disposta, se lo permetteste, andar piuttosto a domandar la elemosina, e per voi, e per me.

LIND. Tutte le persone afflitte di questo mondo hanno qualche speranza: io non ne ho alcuna.

MARIAN. Compatitemi, signora, e correggetemi s'io dico male. Che difficoltà avete voi a confidarvi a Milord, ch'è un cavaliereamabile e di sì buon cuore?

LIND. Ah! taci, per carità. Pensa a tutt'altro: questa sarebbe l'ultima mia disperazione.

MARIAN. Egli ha per voi della stima. egli ha per voi dell'amore.

LIND. Lo sai veramente, ch'egli mi ami?

MARIAN. Lo so di certo.

LIND. Te l'ha egli detto?

MARIAN. Qualche cosa mi ha detto.

LIND. Vedi, ingrata! Lo vedi se posso crederti? Tu hai ragionato di me lungamente con esso lui, e me lo volevi nascondere. Ciò mi mette in maggior sospetto. Tremo che tu gli abbia svelato l'esser mio, le mie contingenze.

MARIAN. No certo, signora. Assicuratevi che non l'ho fatto, ma se fatto l'avessi, scusatemi, sarebbe egli sì gran delitto?

LIND. Ah! sarebbe lo stesso che volermi perduta, sagrificata. Marianna, tu sei sul punto di rovinarmi, se non l'hai fatto a quest'ora. Ah sì, per maggiormente impegnarti a sì premuroso silenzio, odi le conseguenze che ne verrebbero dalla tua imprudenza.

MARIAN. (Io principio a tremar davvero).

LIND. Tu sai le disgrazie della mia famiglia.

MARIAN. Le so pur troppo.

LIND. Sai tu l'origine che le ha prodotte?

MARIAN. Intesi dire da voi medesima, che il vostro genitore sia stato esiliato per sospetto di ribellione. ma non mi diceste più di così.

LIND. Sì, fu il povero padre mio condannato per un sospetto suscitato da un'antichissima inimicizia fra la famiglia nostra e quella di milord Murrai. Nacque l'astio fra le due case fin da quel tempo, in cui si trattò l'unione dei due regni sotto un solo governo. e furono allora di sentimento diverso, e mantennero sempre fra loro un implacabile odio. Milord Murrai, padre di quello che mi ama e non mi conosce, mandato dal Parlamento in Iscozia, colse la congiuntura di alcuni torbidi di quel regno, e gli riuscì di far comparire mio padre il protettore de' malcontenti. Si salvò il mio genitor colla fuga. Sono sei anni ch'egli si rifugiò nell'America. e dopo che mancò di vita l'addolorata mia genitrice, più non ebbi di esso novella alcuna. Spogliata dal fisco de' nostri beni, perduta la cara madre, la disperazione m'indusse ad abbandonare la patria con animo di passare nell'Indie, e colla traccia di qualche lettera che conservo ancora, tentar la sorte di rinvenire mio padre. Giunta in Londra colla speranza di ritrovare l'imbarco, fummo a quest'albergo condotte. Felice albergo per la cortese accoglienza del buon Fabrizio e dell'amorosa di lui consorte. felicissimo un tempo per l'adorabile conversazione del più amabile cavaliere del mondo. Ma oimè! albergo ora di tristezza e di pena, da che ho rilevato in Milord il sangue de' miei nemici, l'origine de' miei disastri, l'oggetto dell'odio e della vendetta del padre mio, se ancor vive. Milord istesso, che ha per me dell'amore, convertirebbe in isdegno (conoscendomi) la sua passione: ereditata l'avversione dal padre contro il nome e contro il sangue ch'io vanto, chi sa fin dove lo trasporterebbe lo sdegno? Ma se altro male non mi avvenisse, vedermi odiata dalla persona ch'io amo, sarebbe l'ultimo de' miei affanni. Ah! sì, dovrei vergognarmi di un tale affetto. ma l'ho concepito con innocenza, e non ho bastante virtù per discacciarlo dal seno. Dipende dalla segretezza dell'esser mio qualche giorno di vita che ancor mi resta. Vedi ora qual interesse mi sproni a raccomandarti il silenzio: vedi qual dovere ti astringe a non tradire, a non perdere la tua sventurata padrona. Soffri per poco ancora. soffri fin che incerta mi tengono le mie discordi risoluzioni. Aspetto il miglior consiglio dal cielo. Se io non lo merito, se io non l'ottengo, la morte solleverà me dagli affanni: e tu sarai dalle mie miserie e da sì trista condizion liberata.

MARIAN. (Oh misera! oh disgraziata ch'io sono! oh cosa ho fatto! oh povera la mia padrona!) (si asciuga gli occhi)

LIND. Marianna, tu piangi, tu arrossisci, tu tremi? Ah! cieli. mi avresti per avventura tradita?

MARIAN. Oh! no, signora. Il racconto delle vostre disavventure mi fa piangere e mi fa tremare.

LIND. Sia tutto ciò che al ciel piace. Hai tu portato il ricamo alla padrona di quest'albergo?

MARIAN. Dirò... Sì, signora. (Non so quel che mi dica).

LIND. Ti ha ella dato il solito prezzo?

MARIAN. Me l'ha dato... cioè, non me l'ha dato, ma me lo darà.

LIND. L'ha dato, o non l'ha dato? Mi pare che ti confondi.

MARIAN. Tutto effetto, signora, della parte ch'io prendo nelle vostre disgrazie.

LIND. Sai pure in qual estremo bisogno ci ritroviamo. Perché non pregarla di pagarti subito sì picciola somma?

MARIAN. Per non farle sapere che voi siete in tale nesessità.

LIND. Ma non si è fra di noi concertato, che tu dicessi essere cosa tua, e che ti preme il danaro per ispenderlo in cosa di tua occorrenza?

MARIAN. È vero.

LIND. Gliel hai tu detto?

MARIAN. Mi pare di sì.

LIND. Ti pare? Che modo è questo? Ti pare?

MARIAN. Anzi gliel'ho detto certissimo. (Propriamente le bugie non le so ben dire).

LIND. Va dunque, va nuovamente a pregarla. Io non ho coraggio di farmi provveder da Fabrizio, se non gli pago il conto de' due giorni passati.

MARIAN. Ma egli lo fa assai volentieri. vi prega anzi di ricevere...

LIND. No, no, fra le mie sventure non ho altra consolazione che quella di poter nascondere le mie miserie. Se si sapesse l'estrema mia povertà, cadrei facilmente in dispregio delle persone. e chi sa qual giudizio e quai disegni si formerebbero sopra di me.

MARIAN. (Oh lingua! oh linguaccia! che cosa hai fatto?)

LIND. Va, cara, sollecita a farmi questo piacere. Ti aspetto nelle mie camere.

MARIAN. Vado subito. (Povera me! io non so in che mondo mi sia). (parte)

 

 

 


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