Carlo Goldoni
La sposa persiana

ATTO PRIMO

Scena Prima. Tamas, ed Alì

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ATTO PRIMO

 

Scena Prima. Tamas, ed Alì

 

TAMAS Non mi annoiare, Alì: son dal dolore oppresso;

Odio gli altrui consigli, odio perfin me stesso.

L’oppio, che pur sai, quanto suole alterar gli spirti,

Nulla giovommi; oh pensa... Vanne; non voglio udirti.

ALÌ Si, me ne andrò: che importa a me, che voi parliate?

Io sarò sempre Alì, ancor quando crepiate;

E sarò sempre stato vostro fedele amico,

Ancor, che de’ miei detti non ve ne caglia un fico.

TAMAS Come parli? Che stile inusitato, e nuovo?

Fra tai sconce parole, Alì, più non ritrovo.

Pregio è di noi Persiani il parlar grave, e bene:

Ridicolo costume in Ispaan sconviene.

Come favelli? Hai d’oppio la dose caricata?

ALÌ Si, amico; doppia dose per voi ne ho trangugiata:

Per voi, che pur vorrei colla letizia mia

Scotere da cotesta letal malinconia.

L’oppio, quel succo amaro, ch’è agli Europei veleno,

Di cui nell’Asia nostra s’empion le genti il seno,

Gioia mi desta in petto inusitata, e strana.

Tamas, gioite meco.

TAMAS Ogni tua cura è vana:

Gioir non mi farebbescettro, né corona;

Vedi se potrà farlo un ebrio, che ragiona.

ALÌ Ebrio son io, nol niego, pel sonnifero amaro,

Non pel vietato vino, dolce al palato, e caro;

E pur (ve lo confido) in quattro ier di sera

Un orcio ne bevemmo nella caravanzera1

TAMAS Cosa tu mi confidi da me con sdegno udita;

Vino non bevvi mai pel corso di mia vita.

Ciò, che il pubblico offende, per ragion del divieto,

Dee l’anime bennate offendere in segreto.

E dove non arriva la forza di chi regge,

Vincola nei recessi dell’onesta la legge.

ALÌ Si, giovine bennato, alma di virtù piena,

Alma, ch’esser tranquilla dovrebbe, e più serena;

Poiché se un giovin pio ripieno ha il cor di doglie,

Chi fia che ad imitarlo nella bontà s’invoglie?

TAMAS In te cresce de’ spirti l’alterazion funesta;

Per tai ragionamenti ora importuna è questa.

Lasciami, te ne priego.

ALÌ Io non vi lascio al certo,

Se il duol, che avete in seno, non mi mostrate aperto;

Non vi darò consigli, non vi sarò molesto;

Altro da voi non bramo.

TAMAS Altro non vuoi?

ALÌ Che questo.

TAMAS Sai tu, che a padre mio sposa mi ha destinata

La figliuola di Osmano?

ALÌ Ella era appena nata,

E voi d’un lustro appena; senz’ara, e senza Nume

Foste legati insieme, giusta il Perso costume.

TAMAS Empio costume, e rio, che il maggior ben ci fura;

Che toglie a noi l’arbitrio, e offende la natura.

Ecco, amico, la fonte del mio dolore estremo;

La sposa oggi s’aspetta, l’ora s’appressa, io tremo.

ALÌ Ed io, ridete amico, ed io sarei contento,

Non se una sola sposa aspettassi, ma cento.

TAMAS Vanne, lo dissi, il veggio, hai la ragion perduta.

ALÌ Vado... È brutta la sposa?

TAMAS Non so, non l’ho veduta.

Sai pur che le fanciulle serbansi ritirate,

E scopronsi allo sposo dopo esser maritate.

Ma tu deliri, vanne.

ALÌ Un’altra cosa sola.

TAMAS Teco non vuoparlare.

ALÌ Udite una parola.

TAMAS Che sofferenza! Parla.

ALÌ Fra 1’ebrio, e fra l’astuto

Vuodomandarvi: avete forse il cor prevenuto?

TAMAS Ah sì, d’Ircana mia, della mia schiava acceso,

Soffrir non potrò mai d’un altro nodo il peso.

Nel rimirarla intesi tosto ferirmi il petto,

E crebbe a dismisura in sei lune l’affetto.

L’alma quei suoi begli occhi a vagheggiare avvezza,

Odia d’ogni altra il nome, ogni beltà disprezza.

ALÌ Tamas, il mio consiglio...

TAMAS Vattene, io non l’ascolto.

ALÌ Vado, ma prima udite i sensi d’uno stolto,

D’uno, che in fretta in fretta vi dice il suo pensiere,

E l’oppio a digerire sen va sull’origliere.

Vi lodo, se costanza v’empie per una il petto,

Ma in Oriente non si usa preferirla al diletto.

Chi assicurar voi puote, che Fatima, la sposa,

Non abbia agli occhi vostri a comparir vezzosa?

Chi sa, che nel mirarla non siate anche pentito

D’aver troppo tardato ad esserle marito?

Miratela, e poi dite: «oh la mia schiava è bella;

Ircana sol mi piace, non voglio altre, che quella.»

Almeno sospendete di dir, che v’hanno ucciso,

Fino, che non vediate la nuova sposa in viso.

Astrologo non siete; chi sa come sia fatta?

Di Tartare, e Giorgiane bellissima è la schiatta.

Tartaro è il padre suo; in Ispaan dimora,

Ma serberà la figlia il natio sangue ancora.

Miratela con pace. Quest’è il consiglio mio:

Tenetela, s’è bella, se non vi piace... Addio (parte).

 





p. -
1 Albergo pubblico in Persia, a somiglianza delle osterie nostre, differenti però nell’uso.



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