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TAMAS (Eccomi al gran cimento. Ah quel ch’io temo in quella
È, che d’Ircana sia più vezzosa, e più bella
E tanto in lei sorpassi beltà, grazia, e costumi,
Ch’io resister non possa al poter de’ suoi lumi.
Arder mi sento in seno... e l’ho veduta appena...
Scoprasi il volto ignoto; escasi ormai di pena) (da sé).
Sposa, a voi si presenta tal, che ha per voi rispetto,
E pari aver desia alla stima l’affetto.
Quest’è il primier momento, che ad uom scoprir vi lice:
Svelatevi a’ miei lumi; fatemi omai felice.
FATIMA Dolce obbedire a sposo, che può volere, e prega;
Squarcierò il velo ingrato, che disciogliersi niega.
Ecco la sposa vostra, ecco la vostra ancella (si scuopre),
TAMAS (No, che non è più quella)
(da sé).
FATIMA Signor, se questi luci a voi non sembran vaghe,
Se in me non v’è beltade, che il genio vostro appaghe,
Non disprezzate almeno le fiamme d’una sposa,
TAMAS (Ircana è più vezzosa) (da sé).
FATIMA (Misera, son perduta; ogni speranza è estinta) (da sé).
TAMAS (Fatima è bella, è vero, ma nel confronto è vinta) (da sé).
FATIMA (Vezzi di sposa amante, arte di moglie onesta,
Deh non mi abbandonate in occasion funesta) (da sé).
TAMAS (Ma che farò? Mi duole darle un sì rio tormento)
(da sé).
FATIMA Tamas, nel vostro volto veggo un fier turbamento;
Quelle nozze, a cui fummo dal genitor costretti,
Non han delle alme nostre preparati gli affetti
E s’io tosto in mirarvi arder d’amor m’intesi,
Forse nel vostro petto fuoco di sdegno accesi.
Colpa, voi lo vedete, mia non è, se vi spiaccio,
La destra ambi porgemmo obbediente al laccio.
V’amo, Tamas, v’adoro, ma non per questo io voglio
Obbligarvi ad amarmi con vezzi, e con orgoglio.
Solo in mercé d’amore grazia vi chiedo, e spero;
Anima generosa, parlatemi sincero.
Ditemi se m’odiate, per mio infelice aspetto,
O se beltà più vaga v’abbia ferito il petto.
TAMAS Fatima, non lo niego; a forza i’ son marito,
Questo sen, questo cuore, è ver, fu già ferito.
Pregai che in libertade fosse di noi la mano,
Per mio, per vostro bene; ed il pregar fu vano.
II genitor meschiando le lusinghe all’impero
M’empié l’alma di foco, di speranza il pensiero.
Sperai ne’ vostri lumi trovar cotal valore,
Che avesse a mio dispetto ad involarmi il cuore;
E mi credei che il danno di perdere il mio bene
Costar non mi dovesse tanti sospiri, e pene.
Vi scopriste, v’ammiro: bella e vezzosa siete;
Ma cancellar quell’altra dal cuor non mi potete.
FATIMA Né cancellarla io spero, né in me vuo’ che si dica,
Che in vece d’una sposa, trovaste una nemica.
Ma di me sventurata, signor, che sarà mai?
TAMAS Fatima, non so dirlo; ancor non ci pensai.
FATIMA Sposi noi siamo, è vero, ma niun de’ nostri petti
Può esaminar gli ardori, può discoprir gli affetti.
Celisi in faccia al mondo, che il volto mio vi spiace,
Io soffrirò, che amiate la mia rivale in pace.
TAMAS Bella virtù, che merta amante a voi più grato!
Fatima, lo confesso, compiango il vostro stato;
Poco chiedete, in premio d’un cor di virtù pieno,
E il poco, che chiedete, posso accordar nemeno.
FATIMA Misera me! Vorreste col rossor d’un rifiuto
Rendermi d’una schiava vergognoso tributo?
Che gelosia le puote rendere una consorte,
Fra tante, e tante donne rinchiuse in queste porte?
Teme che io le comandi? Non lo farò, il prometto.
Ha timor, che io l’insulti? No, le userò rispetto.
La servirò (se lice servire ad una moglie,
Senza oltraggiar l’amato signor di queste soglie).
Che vol di più? Lo dica; farlo vi do parola.
TAMAS Gelosa è del cuor mio; brama regnarvi sola.
FATIMA Sola? Di sì bel regno l’arbitra non io sono,
Voi sugli affetti vostri, dar le potete il trono.
Sola nel vostro cuore fate che regni in pace;
Usi pietà, non ira, con chi lo vede, e tace.
Soffra, che possa almeno errar fra queste mura
Confusa fra le donne, nate di stirpe oscura;
Ed a soffrir le insegni, senza esserne sdegnosa,
L’esempio avanti agli occhi d’una non vile, e sposa
(piange).
TAMAS (Muove pietà col pianto, misera donna oppressa.
Se la vedesse Ircana, pietà ne avrebbe anch’essa)
(da sé).
FATIMA Da voi sposata appena, se lungi mi scacciate,
Pensate a qual destino, signor, mi condannate.
È ver che ripudiata donna talor si sposa,
Ma espiar le conviene la macchia vergognosa.
Colpa non ho, che vaglia a meritar disprezzi,
Non v’è ragion, per cui nodo fra noi si spezzi.
Pien di furore, e sdegno il padre mio, la morte,
Per vendicar la figlia, vorrebbe del consorte;
Ed io, che di adorarvi, misera, ancor mi vanto,
Per voi, non per me stessa, mi struggerei nel pianto
(piange).
TAMAS Fatima, non piangete, a voi torno a momenti.
(Che stile inusitato! che amor! che dolci accenti!
Ah voglia il ciel, che Ircana m’oda, s’arrenda, e taccia.
Se nega? se persiste? Non so quel che mi faccia) (parte).