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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
No, non vogl’io pentirmi d’aver sofferto in pace,
Senza cambiar le offese, senza insultar l’audace.
L’ira sfogar col labbro con chi c’insulta è segno,
Che sopra la ragione, predomina lo sdegno.
È la viltà un estremo, temeritade è l’altro;
Prudenza è il mezzo onesto, in un nobile, e scaltro:
Nobile che gl’insulti sdegna, conosce, e prova;
Scaltro, che per virtude sa simular, se giova.
Era di quell’indegna ogni superbo detto
Aspra mortal ferita d’una consorte al petto;
Ma a lei giovar potea più, che a me l’irritarmi
Empia per questo Ircana tentò di provocarmi,
Ed io l’ira celando, senza mostrarla in viso,
Le ingiurie, e le minaccie ricompensai col riso:
Tamas, che l’abbia offesa dir non potrà, se affetto
Tenero le promisi, e le mostrai rispetto.
Pietà più facilmente sperare alle mie pene
Posso nel di lui cuore... Eccolo, che a me viene.