Carlo Goldoni
La sposa sagace

ATTO PRIMO

SCENA QUINTA   Il Conte, Mariano, e dette

Precedente

Successivo

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

SCENA QUINTA

 

Il Conte, Mariano, e dette.

 

CON.

Ah, qual grazia maggiore, bella, sperar poss'io?...

BAR.

Questa grazia, signore, non vien dal voler mio.

È un arbitrio, è un inganno di un servitore audace.

CON.

Dunque di rivedermi tanto, crudel, vi spiace?

Chi son io, che vi possa tema recar, o sdegno?

Chi più dell'onor vostro dee sostener l'impegno?

Allor che alla mia sposa vengo ad offrir la mano,

Di chi mi aperse il varco voi vi lagnate invano.

BAR.

Conte, ve lo confesso, son dal rossore oppressa;

Se l'accordano i servi, vergogna ho di me stessa.

Presto. Prendete il foglio. Se è ver che voi mi amate,

Promettetemi fede; sottoscrivete, e andate.

CON.

Tutto per compiacervi, tutto farò, mia vita. (va al tavolino a sottoscrivere)

Ecco soscritto il foglio che a giubbilar m'invita. (rende la carta a donna Barbara)

LIS.

Se da voi si allontana, che vale una scrittura?

Non può coi testimoni sposarvi a dirittura? (a donna Barbara)

MAR.

Dice bene Lisetta. Talora un foglio è vano.

Alla nostra presenza porgetevi la mano.

BAR.

(Ah, mi stimola il cuore). (da sé)

CON.

E ben, che risolvete? (a donna Barbara)

LIS.

S'egli poi vi abbandona, di lui vi dolerete?

Quando s'ha l'occasione, conviene approfittarsi,

Non è vero? (a donna Barbara)

BAR.

Ho capito.

MAR.

E quando si è fuggita,

Torna difficilmente la sorte inviperita.

Dico ben? (a donna Barbara)

BAR.

Dici bene.

LIS.

Dovria venirvi in cuore

La matrigna contraria, l'incauto genitore.

Non è così?

BAR.

Pur troppo.

MAR.

E dir, se un tal partito

Mi fugge dalle mani, chi sa s'io mi marito?

Parlo mal?

BAR.

Non mi oppongo.

CON.

E un amator sincero

Più di me non vedrete nell'amoroso impero,

Pronto a soffrir per voi mille tormenti e pene,

Pronto a morir, mia cara, se anche morir conviene.

So che tai nozze un giorno odioso mi faranno

Ai vostri, ai miei congiunti, per un opposto inganno:

Quelli, perché non veggono in me l'argento e l'oro,

Questi, perché sol amano di nobiltà il decoro.

Ma più del sangue illustre, più d'ogni altra ricchezza,

Amo in voi la virtude congiunta alla bellezza.

No, non curo la dote che il padre a voi contrasta;

Bramo la vostra mano, il vostro cuor mi basta.

offesi i miei congiunti saran da un tale affetto,

Contento di sua sorte un cavalier cadetto.

Se una simile brama in voi sperar mi lice,

Godrem la nostra pace, vivrem vita felice.

LIS.

Con vostra permissione, vi aggiungo due parole:

Ad ispuntar principia dall'orizzonte il sole.

E se non vi spicciate, si leveran dal letto.

MAR.

E che il padron mi chiami prestissimo mi aspetto.

BAR.

Quali angustie al mio seno!

CON.

Donna Barbara, ho inteso.

Non è, qual mi credeva, il vostro cuore acceso.

Mancano solamente due giorni al partir mio.

Se più non ci vedremo...

BAR.

Più non vederci?...

CON.

Addio. (mestamente, in atto di partire)

BAR.

Ah Conte...

LIS.

Poverino! piange, signora mia. (a donna Barbara)

MAR.

Se altro non comandate, bondì a vossignoria. (a donna Barbara, in atto di partire, sdegnato)

BAR.

Fermati. (a Mariano)

LIS.

Siete pure... (a donna Barbara)

CON.

Eh, lasciatela in pace.

Ella è saggia abbastanza; chi la consiglia, è audace.

Cotanta ingratitudine io mi avrò meritata.

BAR.

Ah no, Conte, ascoltatemi; no, non vi sono ingrata.

Se la man mi chiedete della mia fede in segno,

Ecco (mi trema il core), ecco la mano in pegno.

CON.

Idolo mio...

LIS.

Sposatevi.

CON.

Non proverò il martello...

MAR.

Fate la cerimonia, e datele l'anello. (al Conte)

CON.

Cara, se vi degnate, ve l'offerisco in dono. (levandosi l'anello dal dito, lo presenta a donna Barbera)

BAR.

Sì, da voi l'aggradisco.

CON.

Siete mia.

BAR.

Vostra sono.

LIS.

Ora che abbiamo fatto quel che s'aveva a fare,

Signor, l'ora s'avanza, ve ne potete andare.

BAR.

E vedervi partire dovrò dopo due giorni?

MAR.

Andiam, che il catenaccio a rifermare io torni. (al Conte)

CON.

Parto per voi, mia cara, vado alla real Corte,

Per ottenere un grado da migliorar mia sorte.

LIS.

Sento a passar la gente, sento abbaiare i cani.

CON.

Addio, sposa diletta, ci rivedrem domani.

LIS.

Oggi, potete dire: non lo vedete il sole? (al Conte)

BAR.

Voi venirete al solito... (al Conte)

MAR.

Non facciam più parole. (al Conte)

CON.

Verrò cogli altri unito, fino alla mia partenza.

Ma quanto ha da costarmi l'usata indifferenza!

LIS.

Si muovono qui sopra. Il guattero si leva. (additando il soffitto della camera)

BAR.

Io pur con tutti gli altri farò quel ch'io faceva.

CON.

E se talun vezzeggia? e se vi parla audace?

BAR.

Sarò, per occultarmi, una sposa sagace.

MAR.

Servo di lor signori. (in atto di partire)

CON.

Fermati, vengo anch'io. (a Mariano)

Ah, il mio martir preveggo. (a donna Barbara)

BAR.

Non dubitate.

CON.

Addio. (parte con afflizione)

MAR.

L'ha finita una volta. Stato saria fin sera.

LIS.

Vo' dell'altro tabacco. (a Mariano)

MAR.

In carta?

LIS.

In tabacchiera.

MAR.

Mi creda in verità, signora mia compita,

Che quella tabacchiera è un pochino impedita. (parte)

LIS.

Compatisca, signora, se son troppo sfacciata,

Dica, la tabacchiera gliel'ha forse donata?

BAR.

Sì, Mariano la merita, con te so il mio dovere.

Eccoti sei zecchini. Spendili a tuo piacere.

LIS.

Grazie alla sua bontà, grazie alla mia signora.

(Ma vo' buscar, s'io posso, la tabacchiera ancora). (da sé)

BAR.

Lisetta mia, son sposa.

LIS.

Con voi me ne consolo.

BAR.

Consolazion meschina, se ora principia il duolo.

La pace mia non veggio, consolazion non spero,

Finché de' miei sponsali non svelasi il mistero.

Per or debbon celarsi, sa il ciel fino a qual giorno,

Sa il ciel quando lo sposo a me farà ritorno.

Ma più del suo distacco, più della sua partenza,

Deggio, pria ch'egli parta, temer la sua presenza.

So ch'è geloso il Conte, so che di ognun sospetta,

Ed io sarò con tutti a conversar costretta.

Anzi pubblicamente le labbra e gli occhi scaltri

Dovranno usar finezze a lui meno degli altri.

Ma ci son nell'impegno, e ci starò, il protesto.

Finger non è difetto, quando il motivo è onesto.

Sposa son io del Conte, sarà quel che sarà.

Userò negl'incontri la mia sagacità. (parte)

LIS.

È ver, son donna anch'io, ma son del vero amica:

Il fingere alle donne costa poca fatica. (parte)


 

 

 


Precedente

Successivo

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA1) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2009. Content in this page is licensed under a Creative Commons License