Carlo Goldoni
La sposa sagace

ATTO TERZO

SCENA PRIMA   Mariano e Moschino

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ATTO TERZO

 

 

 

SCENA PRIMA

 

Mariano e Moschino.

 

MAR.

Dove ten vai, Moschino?

MOS.

Vado a girare un'ora,

Le solite ambasciate a far per la signora.

Senti, se non è pazza. Mi manda ad invitare

Il Conte, il Cavaliere e il Duca a desinare,

E tutti tre son stati da lei questa mattina.

Non glielo potea dire? Guarda che testolina!

MAR.

Certo che la padrona ha un bel temperamento,

Si sente delle voglie venire ogni momento.

Trova sempre qualcosa da dir, da comandare.

MOS.

Credo lo faccia apposta per farmi sgambettare.

Quando siamo alla sera, son rifinito e stracco.

MAR.

Anch'io, per dir il vero... Moschin, prendi tabacco? (offerendogli tabacco colla scattola d'argento ch'ebbe da donna Barbara)

MOS.

Qualche poco, Mariano. Lasciami un po' vedere.

Io non ne ho più veduto di queste tabacchiere.

È d'argento?

MAR.

D'argento. Ti piace?

MOS.

È bella molto.

Valerà per lo meno tre zecchini.

MAR.

Sei stolto?

Ne valerà ben sei.

MOS.

Davver? chi te l'ha data?

MAR.

Vorresti saper troppo. Mi è stata regalata.

MOS.

Da chi?

MAR.

Non posso dirlo.

MOS.

Sarebbe bella, affé.

Io teco mi confido tu ti confidi in me.

Ci abbiamo confidato qualcosa di più grosso,

Marian, tu mi fai torto.

MAR.

Questa volta non posso.

MOS.

Mi faresti pensare a qualche baronata.

MAR.

Che vuol dir?

MOS.

Che so io, che l'avessi rubata.

MAR.

Moschin, ti compatisco, perché siam buoni amici.

Non ardirebbe un altro di dir quel che tu dici.

Sai ch'io son galantuomo.

MOS.

Hai ragion, mi disdico;

Ma se non ti confidi, non mi sei buon amico.

MAR.

Se dirtelo potessi, avrei tutto il contento;

Ma non posso.

MOS.

Perché?

MAR.

Perché vi è il giuramento.

MOS.

Questa è bella davvero! Hai di tacer giurato

Il nome ed il cognome di chi ti ha regalato?

MAR.

Io non giurai tacere del donatore il nome

Ma la cagion del dono, le circostanze e il come.

MOS.

Celami la cagione per cui ti fu donata,

Ma confidami almeno la man che te l'ha data.

MAR.

Che ci pensi un pochino: non so ben, se in rigore

Sia obbligato anche il nome celar del donatore.

Sai ch'io son delicato.

.

Ed io, se non lo sveli,

Penso che qualche inganno nel tuo mister si celi.

MAR.

Ma mi faresti dire delle bestialità.

Sono un uomo d'onore, e tutto il mondo il sa.

E il dato giuramento serbando fedelmente,

Quello che posso dire, dirò liberamente.

Ho avuto questa scattola, perché in un matrimonio

Fatto segretamente servii di testimonio.

MOS.

Ora ti compatisco. Queste son quelle cose,

Che anche ai più cari amici deonsi tenere ascose.

Ho piacer della scattola. E il tabacco? È stupendo.

Ne piglio un'altra presa, e poscia te la rendo. (prende tabacco osservando bene la scattola)

Oh cospetto di bacco! Marian, non ti stupire,

Se tutto il gran segreto son venuto a scoprire.

La scattola conosco, ho capito ogni cosa.

Dunque la padroncina segretamente è sposa?

MAR.

Come! non so nïente; e prima di parlare,

Pria di mancar di fede, mi farei scorticare.

Dammi la tabacchiera. Ora mi scalderei.

Non ve ne son di simili? Non l'ho avuta da lei.

MOS.

Non ti scaldar, Mariano. Tu sei un uom dabbene;

Ma a caso qualche volta nascon di queste scene.

Anche Lisetta istessa, che come te ha giurato,

Senza voler parlare, l'arcano ha palesato.

E combinando insieme quel che da entrambi ho udito,

Donna Barbara è moglie, e il Conte è suo marito.

Ma sono un galantuomo, non dubitar di me:

Pria lo sapeste in due, or lo sappiamo in tre.

MAR.

Giura di non parlare.

MOS.

Marian, non so che dire;

Giurerei, ma se giuro, non mi vorrei pentire.

Anch'io son come gli altri, ho degli amici anch'io,

Potria qualche cosetta scappar dal labbro mio.

Noi altri servitori abbiam questo difetto,

Facciamo a non parlare un sforzo maladetto.

Marian, se mi vuoi bene, lasciami in libertà.

Che ci pensino dessi. Sarà quel che sarà. (parte)

 

 

 


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