Carlo Goldoni
La sposa sagace

ATTO TERZO

SCENA QUINTA   Don Policarpio, poi donna Petronilla

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SCENA QUINTA

 

Don Policarpio, poi donna Petronilla.

 

POL.

Non mi calcola un fico? Pazienza, già lo so,

Che meco si compiace di dir sempre di no.

Ma se per me da lei non posso sperar nulla,

Non vo' che mi precipiti almen quella fanciulla.

Ho saputo ogni cosa senza sentir Moschino.

Mi dispiace d'avere gittato uno zecchino.

Mia figlia è fatta sposa, e se la moglie mia...

PET.

Serva, signor consorte.

POL.

Bondì a vossignoria,

PET.

Favorisca d'andare di , dalla figliuola.

Ci son quei cavalieri, non la lasciamo sola.

POL.

Perché non ci sta ella?

PET.

Perché non son sì matta

A prendermi tal briga, ci pensi chi l'ha fatta.

POL.

Certo che chi l'ha fatta, o chi l'ha fatta fare,

Per lei un qualche giorno ci doverà pensare.

PET.

Cosa vuol dir, signore, che mi pare alterato?

POL.

Barbara è da marito, e convien darle stato.

PET.

E perché me lo dice con aria prepotente?

Che si mariti pure, a me non cal nïente.

So che sarà difficile trovarle un buon partito.

POL.

No, non sarà difficile; si troverà il marito.

PET.

Voglia il ciel che lo trovi, per me non vedo l'ora;

Anzi per lei m'impegno di maneggiarmi ancora.

Farò tutto il possibile perché sia collocata.

(Di questo spin negli occhi meglio è sia liberata). (da sé)

POL.

Manco mal che una volta voi mi diceste un sì.

Vi vorrò assai più bene, parlandomi così.

Cara consorte mia, non mi stimate un fico?

PET.

Chi vi ha detto tal cosa?

POL.

Eh, so io quel che dico. (parte)

 

 

 


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