Carlo Goldoni
La sposa sagace

ATTO TERZO

SCENA DECIMA   Donna Barbara e detti

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SCENA DECIMA

 

Donna Barbara e detti.

 

BAR.

Son qui. Che mi comandano?

POL.

Figliuola mia, sedete.

PET.

Che importa? In due parole quel che si vuol, saprete.

Ora vi diamo parte, che io vi ho maritata.

Ecco tutto il discorso.

BAR.

Le son bene obbligata! (con ammirazione ironica)

POL.

Certo, con buon amore ella vi fa da madre,

Ed io fo le mie parti.

BAR.

Grazie a lei, signor padre.

PET.

Meglio del mio costume a giudicar pensate.

Io non vi son nemica. Vi ho provveduto. Andate.

BAR.

Mille ringraziamenti al di lei cuor pietoso.

Ma si potrebbe in grazia saper chi sia lo sposo?

POL.

Un che so che vi piace. L'amico di ier sera.

BAR.

Signor, non vi capisco.

POL.

Quel della tabacchiera.

BAR.

Finor non so chi sia.

PET.

È tal, che il genitore

Degno di voi lo crede.

POL.

È il duca di Belfiore.

BAR.

Davver? (confusa)

PET.

Che cosa dite? (alzandosi impetuosamente contro di don Policarpio)

POL.

Non lo doveva dire? (a donna Petronilla, alzandosi)

PET.

Il duca di Belfiore? (a don Policarpio)

POL.

Cosa vi fa stupire? (a donna Petronilla)

PET.

Come! io ho donna Barbara al Cavalier concessa.

Ei la chiese in isposa, ed io gliel'ho promessa.

POL.

Oh, questa sì davvero è un'altra fanfaluca.

Non sarà una mezz'ora ch'io l'ho promessa al Duca.

PET.

E deve ad ogni costo valer la mia parola.

POL.

Ed io son nell'impegno di dar la mia figliuola.

PET.

Se non l'ha il Cavaliere, nascerà un precipizio.

POL.

Nasca quel che sa nascere, s'ha a far lo sposalizio.

PET.

Io son chi sono alfine.

POL.

E son chi sono anch'io.

PET.

E ho dato la parola.

POL.

E vi è l'impegno mio.

BAR.

Posso parlar, signori?

POL.

Dite voi: chi vorreste? (a donna Barbara)

PET.

A lei non si domanda. Che novità son queste? (a don Policarpio)

POL.

Chi è quel che è qui venuto?... (a donna Barbara)

BAR.

Quando?

POL.

Dov'è Moschino? (guardando intorno)

PET.

Ho promesso, e son dama. (a don Policarpio)

POL.

Ed io sono un facchino? (a donna Petronilla)

BAR.

Signori, se parlare voi non mi contraddite,

Spero trovare il modo di terminar la lite.

POL.

Parlate, signorina, chi è quello che ha donato

La scattola?

BAR.

Che scattola?

POL.

Moschin, dove se' andato? (cercando Moschino)

PET.

Lasciamola parlare, sentiamo il suo concetto.

Ma vi avviso per bene non perdermi il rispetto.

BAR.

So il mio dover, signora, so quel che mi conviene

Verso una cara madre, che fa per il mio bene.

Ed egualmente io serbo con riverenza e amore

La stima ed il rispetto dovuto al genitore.

L'uno e l'altro di loro con alma generosa

Gareggiano in volermi di un cavalier la sposa.

L'un mi propone il Duca ricco di nobiltà,

E tal che potria fare la mia felicità.

L'altra del Cavaliere procurami il partito

Ch'è un giovane brillante, ch'è un nobile marito.

E ognun tenacemente a procurar s'impegna

Per me quella fortuna, di cui ne sono indegna.

Ah, se ricuso il Duca il genitore offendo;

Se il Cavalier ricuso, ingrata a lei mi rendo.

Al padre ed alla madre di soddisfar non lice,

E in mezzo a tanti beni io resto un'infelice.

Perdo miseramente dell'amor vostro i frutti,

E resto senza colpa ridicola con tutti.

Non è dover che il padre ceda le sue ragioni;

Dee sostener la dama le oneste pretensioni.

Ed io se non rispondo al generoso invito,

Di me più non si parla, mai più non mi marito.

No, il Duca non si lagni che il padre abbia mancato;

Dalla dama non dicasi il Cavalier burlato.

A me diasi la colpa; dicasi ad ambidue:

La sposa non consente; le nozze sono sue.

Per evitar, signori, che nasca un precipizio,

Son pronta di me stessa a fare un sagrifizio.

Per l'umile rispetto, per il figliale amore,

Supero l'avversione, sagrifico il mio cuore.

Cessino fra di voi, cessin gli sdegni e l'onte;

Eccomi al duro passo. Darò la mano al Conte.

POL.

Cara la mia figliuola, piango per tenerezza.

PET.

No, cedere all'impegno saria una debolezza.

Al Cavalier la sposa promessa ho in questo loco.

L'ha da sposar, se andasse tutta la casa a fuoco. (parte)

BAR.

La casa in precipizio per me non si riduca. (a don Policarpio)

POL.

Vada in cenere il mondo, hai da sposare il Duca. (parte)

BAR.

Più non si può tacere; dee terminar lo scherzo;

E fra due litiganti dee trionfare il terzo. (parte)


 

 

 

ATTO QUINTO

 

 

 


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