Carlo Goldoni
La sposa sagace

ATTO TERZO

SCENA QUINTA   Donna Barbara, poi il  Duca ed il Cavaliere,

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SCENA QUINTA

 

Donna Barbara, poi il  Duca ed il Cavaliere,

 

BAR.

Lisetta è quella sola, di cui posso fidarmi...

Eccoli; ad un cimento son costretta a provarmi.

DUCA

Sono ai vostri comandi.

CAV.

Son qui per obbedirvi.

BAR.

Favorite, signori; gran cose io deggio dirvi.

Ma prima che il mio labbro vi sveli i suoi pensieri,

Vi prego istantemente, parlatemi sinceri.

Siete amici, o nemici?

DUCA

Perché ciò mi chiedete?

Del Cavaliere amico forse non mi credete?

CAV.

Da che deriva il dubbio?

BAR.

Ve lo dirò, signore,

Amici esser non sogliono due rivali in amore.

CAV.

È mio rivale il Duca?

DUCA

Rival mi è il Cavaliere?

BAR.

Sì, se ancor nol sapete, alfin si ha da sapere.

Cavalier, voi mi amate, mi ama il Duca non meno;

L'uno e l'altro di voi stringer mi brama al seno.

Chi al padre e chi alla madre spiegò le brame sue,

E son senza mia colpa promessa ad ambidue.

Quella col Cavaliere ha del cuor mio disposto;

Questi mi vuole unita col Duca ad ogni costo.

E tanto fra di loro si accesero di sdegno,

Che cercano ogni strada per sostener l'impegno.

Ad onta dell'amore che il cuor vi ha lusingato,

L'uno o l'altro di voi a cedere è forzato;

E di due pretendenti, cedendo alcun di loro,

Nella cession forzata vi va del suo decoro.

Una guerra perpetua vedrem fra queste soglie

Regnar per causa vostra fra il padre e fra la moglie.

Credendo ognun di voi soffrire un'ingiustizia,

Fra le vostre famiglie si accende inimicizia;

Ed io che senza colpa ritrovomi impegnata,

Sarò nell'avvenire da tutti abbandonata.

Deh cavalieri umani, per il comun riposo,

Unitevi nel fare un atto generoso.

Se altra via non sapete trovar per liberarmi,

Dite che lo faceste soltanto per beffarmi.

Non temete per questo che mal possa accadere;

La matrigna che mi odia, ne avrà tutto il piacere.

Di me vuol liberarsi, credendomi apprezzata;

Giubilerà vedendomi derisa e beffeggiata.

E il genitor pur troppo timido per natura,

Cauto voi lo vedrete tacer per la paura.

Per me, vi do licenza di farmi ogni dispetto,

Pur troppo so d'avere in me più d'un difetto;

E in grazia di vedermi dal labirinto sciolta,

Dite ch'io non vi merito, ditemi sciocca e stolta.

Il cuor dall'amor vostro questa mercede attende.

Chi mi disprezza, io stimo, chi mi vuol sua, mi offende.

DUCA

Il soddisfarvi in questo sì facile non credo.

Io sprezzar donna Barbara? L'adoro, e non la cedo.

Non può di voi disporre una matrigna ardita.

Sosterrò la ragione a costo della vita.

CAV.

Io vi amai da gran tempo, ma non ardia di dirlo.

Desidero un gran bene, e sentomi offerirlo;

Mi vien da chi dispone offerta quella mano,

E dovrei rinunziarla? No, lo sperate invano.

BAR.

Dunque che far pensate? (al Duca)

DUCA

Deh! non l'abbiate a sdegno.

Pensi don Policarpio a sostener l'impegno.

CAV.

S'egli della figliuola disponere volea,

L'arbitrio alla consorte lasciare non dovea.

Se donna Petronilla meco fermò il contratto,

Avrà il poter di farlo, saprà perché l'ha fatto.

E se al marito a fronte femmina sol non basta

Mi unirò seco io stesso contro chi a lei contrasta.

DUCA

Orsù, ai vostri raggiri tronchisi ormai la strada,

Facciam le pretensioni decidere alla spada.

CAV.

Sì, la disfida accetto.

DUCA

Io vi precedo.

CAV.

Andate.

BAR.

No, fermatevi, dico. (al Duca) No, Cavalier, restate.

Pria di partire, uditemi. Cosa vogl'io narrarvi,

Che, se ragione avete, valerà a disarmarvi.

DUCA

Quel ch'è mio, non lo cedo, son risoluto in questo.

CAV.

Donna Barbara è mia, lo dico e lo protesto.

BAR.

Ambi ragione avete. Sua ciaschedun mi crede,

Ciascun serba i suoi dritti; e quel ch'è suo non cede.

Ma che direste voi, se fosse questo cuore

Molto prima impegnato a un terzo possessore?

DUCA

Come potrà ciò darsi, se or vi marita il padre?

CAV.

Non lo saprian le genti? non lo sapria la madre?

BAR.

Orsù, siamo agli estremi, ed il celarsi è vano.

A voi ragion mi stimola a confidar l'arcano.

Ma nel svelarlo, intendo depositarlo in cuore

Di chi sa, di chi intende le leggi dell'onore.

Siete due cavalieri, in cui non può ragione

Cedere bassamente l'impero alla passione.

Una figlia onorata, dal rio destino oppressa,

A voi fida l'onore, a voi fida se stessa.

Una che agli occhi vostri non fu d'amore indegna,

A renderle giustizia due cavalieri impegna.

È ver, se d'altro laccio vanto legato il cuore,

Meco dovria saperlo la madre e il genitore;

Ma che sperar poteva da un padre affascinato,

Dal cuor di una matrigna che mi fu sempre ingrato?

Chi lusingar potevami, che le nascesse in petto

Brama di collocarmi per onta o per dispetto?

E prevedendo ancora in lei cotal disegno,

Chi degli affetti miei potea cangiar l'impegno?

Fui d'altro amore accesa; l'amor mi ha consigliata.

L'occasion mi sedusse; la mano ho altrui legata.

Se dell'onor vi cale, se cavalier voi siete,

Custodite l'arcano. Ecco il mister. Leggete. (Presenta ai due cavalieri la scrittura del Conte; essi l'osservano unitamente)

CAV.

Duca?

DUCA

Amico?

CAV.

Che dite?

DUCA

L'avvenimento è bello.

CAV.

È decisa la lite.

DUCA

È inutile il duello.

BAR.

Che può sperare il cuore dai pretensori suoi? (a tutti e due)

DUCA

Dite voi, Cavaliere.

CAV.

Lascio parlare a voi.

DUCA

Qualor mi abbandonassi a quell'ardor ch'io sento,

Dovrei odiare il Conte, chiamarlo ad un cimento.

Ma l'onorato impegno a tollerar mi sprona,

L'error di bella donna si scorda e si perdona.

BAR.

Tanto sperar poteva da un cavalier pietoso.

Il vostro cuor, signore, sarà men generoso?

CAV.

L'amore ed il puntiglio m'aveano acceso il petto.

Or, se l'impegno è vano, vo' superar l'affetto.

Se di me vi fidate, son cavalier d'onore.

Vi sarò, donna Barbara, amico e difensore.

 

 

 


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