Carlo Goldoni
La donna stravagante

ATTO SECONDO

SCENA SESTA

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SCENA SESTA

 

Donna Livia ed il suddetto.

 

LIV.

(Dolce obbedir quel cenno, a cui l'alma consente?

Sempre così comandi, lo zio mi avrà obbediente). (da sé)

RIN.

Eccola. Ah donna Livia, non mi fuggite almeno!

LIV.

Mio zio vuol ch'io vi veda; posso per lui far meno?

RIN.

Soffro, perché lo merto, questo linguaggio acerbo;

Se qua per me veniste, n'andrei troppo superbo.

Ma qual ragion vi guidi, esaminar non deggio.

Pietà, se non amore, bell'idol mio, vi chieggio.

Udir soffrite almeno dal labbro mio, che vi amo,

Che son fedele ad onta...

LIV.

Signor, quant'ore abbiamo?

RIN.

L'ore per me son sempre funeste e dolorose.

Non girano le stelle che a danno mio sdegnose.

Dal che vi mirai, fin l'ultimo momento,

Notte a' miei lumi eterna mi offerse il mio tormento.

LIV.

E pur di breve notte so che vi pesa il giro.

RIN.

Eccomi a vostri piedi; toglietemi il respiro.

Ma non rimproverate colpa, da cui già sono

Fieramente punito.

LIV.

Sorgete; io vi perdono.

RIN.

Voce che mi consola; cuor generoso, umano,

Grazia, grazia compita. Porgetemi la mano.

LIV.

(Oh, del felice sogno immagini avverate!) (da sé)

RIN.

Deh, sulla destra almeno...

LIV.

(Vo' tormentarlo). Andate.

RIN.

È ver, troppo vi chiesi: ragion me lo contrasta.

Mi perdonaste, o cara, ed il perdon mi basta.

Delle sventure andate parlar più non intendo;

Da voi, da' cenni vostri, in avvenir dipendo.

Fatemi il sole ardente, fatemi il gel soffrire,

Saprò pria di lagnarmi, pria di partir...

RIN.

È ver, troppo vi chiesi. ragion me lo contrasta.

Mi perdonaste, o cara, ed il perdon mi basta.

Delle sventure andate parlar più non intendo;

Da voi, da' cenni vostri, in avvenir dipendo.

Fatemi il sole ardente, fatemi il gel soffrire,

Saprò pria di lagnarmi, pria di partir...

 

 

 

LIV.

Morire.

Questo è quel che mi piace, in uom che vanti affetto.

 

 

 

RIN.

Voi comandar degnatevi; io d'obbedir prometto.

 

 

 

LIV.

Partite.

 

 

 

RIN.

Ancor sì cruda?

 

 

 

LIV.

Me d'obbedir vantate

Ed al primier comando d'acconsentir negate?

 

 

 

RIN.

È ver, ma il cuor confonde con il desio il dovere.

Partirò per piacervi.

 

 

 

LIV.

(Povero Cavaliere!) (da sé)

Fermate.

 

 

 

RIN.

A cenni vostri pronto sarò qual .

 

 

 

LIV.

Non partite per ora.

 

 

 

RIN.

Per grazia io lo ricevo.

(Fra la speranza e il duolo mi sento il cuor dividere). (da sé)

 

 

 

LIV.

(Povero appassionato! mi piace, e mi fa ridere) (da sé)

 

 

 

 

 

 


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