CEC.
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(Se questi due si univano, dir francamente ardisco,
Che da sì bel consorzio nasceva il basilisco).
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LIV.
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Cecchino.
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CEC.
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Mia signora. (Qualche novello imbroglio). (da sé)
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LIV.
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Che disse don Rinaldo nel leggere il mio foglio?
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CEC.
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Ma! se ascoltar non vuole...
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LIV.
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Vo' che mi narri il tutto.
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CEC.
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(Del cavalier bisbetico or si conosce il frutto). (da
sé)
Lo lesse attentamente.
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LIV.
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Quando gliel'hai recato,
L'accolse con piacere?
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CEC.
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Con piacer.
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LIV.
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L'ha baciato?
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CEC.
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Baciar non lo poteva, chiuso com'era ancora.
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LIV.
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Quando finì di leggerlo, l'ha poi baciato allora?
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CEC.
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Per dir la verità, non l'ho veduto.
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LIV.
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Ingrato!
Dimmi presto, che avvenne? l'ha il crudel lacerato?
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CEC.
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Nemmen.
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LIV.
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Lo lesse tutto?
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CEC.
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Tutto.
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LIV.
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Più d'una volta?
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CEC.
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Parmi due volte almeno; indi mi disse: Ascolta,
Di' alla tiranna mia...
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CEC.
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Parmi due volte almeno; indi mi disse. Ascolta,
Di' alla tiranna mia...
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LIV.
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Alla tiranna! e intanto
Dagli occhi gli vedesti cader stilla di pianto?
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CEC.
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Umido aveva il ciglio.
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LIV.
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Se lo sapea di certo,
Che piangere dovea sol che l'avesse aperto.
Che t'inculcò di dirmi?
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CEC.
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Dille, mi disse afflitto,
Che amore in queste note il mio destino ha scritto.
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LIV.
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Piangea nel dirlo?
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CEC.
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E come! Dille, che più sdegnato
Non mi averà il suo cuore, che scorgesi umiliato.
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LIV.
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Umiliato il cuor mio? (sdegnosa)
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CEC.
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Così dicea, signora.
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LIV.
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No, non sarò, qual crede, umiliata ancora.
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CEC.
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Dille, soggiunse poi, che serbo a lei la fede,
E che mi avrà ben tosto la mia tiranna al piede.
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LIV.
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Ecco, quel ch'io attendeva. La solita sua stima.
Verrà al mio piè prostrato. Perché non dirlo in prima?
Sì, sì, m'apposi al vero, conosco il mio potere;
Le chiavi della vita ho in man del Cavaliere.
Più non mi fugge, il veggo. Ma se irritarlo io torno?
Venir disse al mio piede, pria che sparisca il giorno?
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CEC.
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Chi sa ch'egli a quest'ora non siasi incamminato?
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LIV.
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Ah, qual sarà il mio giubbilo, se veggolo
prostrato!
Pentomi dell'insania, che al marchese Liuto
Mi feo sì ingiustamente offrir qualche tributo.
Fu la disperazione, che mossemi a gradirlo.
Misero don Rinaldo! ah, non dovea tradirlo.
Compenserò ben tanto il duol de' miei
disprezzi...
Ma coll'amante, o cuore, non profondiamo i vezzi.
Volare ad un estremo dall'altro non si faccia;
Dalla tempesta orribile non passi alla bonaccia.
Tempri un po' di rigore il tenero desio.
Già son di lui sicura; già il di lui core è mio.(parte)
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LIV.
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Ah, qual sarà il mio giubbilo, se veggolo
prostrato!
Pentomi dell'insania, che al marchese Liuto
Mi feo sì ingiustamente offrir qualche tributo.
Fu la disperazione, che mossemi a gradirlo.
Misero don Rinaldo! ah, non dovea tradirlo.
Compenserò ben tanto il duol de' miei
disprezzi...
Ma coll'amante, o cuore, non profondiamo i vezzi.
Volare ad un estremo dall'altro non si faccia;
Dalla tempesta orribile non passi alla bonaccia.
Tempri un po' di rigore il tenero desio.
Già son di lui sicura; già il di lui core è mio. (parte)
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