Carlo Goldoni
La donna stravagante

ATTO QUINTO

SCENA DODICESIMA

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SCENA DODICESIMA

 

Donna Livia, poi Cecchino.

 

LIV.

Tant'è, vo' che si veda che ho spirito e ragione

Di sostener capace la mia risoluzione.

Chi in un ritiro a forza veder potriami oppressa,

Se a chiudermi negassi condurmi da me stessa?

E chi mi sforza andarvi? L'ho detto, e vo' una volta

Disingannar chi credemi volubil donna e stolta.

Alfin di donna Rosa le nozze hansi concluse;

E me, nata primiera, zio sconoscente escluse.

Vano sarà l'oppormi, deggio soffrire il torto,

E sol dal rassegnarmi sperar posso un conforto.

Veggendo il mondo in prima la suora accompagnata,

Dirà ch'io lo soffersi, dal mondo ritirata.

Ma di me don Rinaldo che dirà mai? Stupisca.

E s'egli è ver che mi ami, ei per amor languisca.

Ah, pria d'escir dal mondo, pria di staccarmi appieno,

Potessi rivederlo una sol volta almeno.

Quest'unico conforto per ultimo desio:

Vederlo un sol momento, dirgli per sempre addio.

Chi è di ?

LIV.

Tant'è, vo' che si veda che ho spirito e ragione

Di sostener capace la mia risoluzione.

Chi in un ritiro a forza veder potriami oppressa,

Se a chiudermi negassi condurmi da me stessa?

E chi mi sforza andarvi? L'ho detto, e vo' una volta

Disingannar chi credemi volubil donna e stolta.

Alfin di donna Rosa le nozze hansi concluse;

E me, nata primiera, zio sconoscente escluse.

Vano sarà l'oppormi, deggio soffrire il torto,

E sol dal rassegnarmi sperar posso un conforto.

Veggendo il mondo in prima la suora accompagnata,

Dirà ch'io lo soffersi, dal mondo ritirata.

Ma di me don Rinaldo che dirà mai? Stupisca.

E s'egli è ver che mi ami, ei per amor languisca.

Ah, pria d'escir dal mondo, pria di staccarmi appieno,

Potessi rivederlo una sol volta almeno.

Quest'unico conforto per ultimo desio.

Vederlo un sol momento, dirgli per sempre addio.

Chi è di ?

 

 

 

CEC.

Mi comandi.

 

 

 

LIV.

Va tosto, il mio Cecchino.

Cerca di don Rinaldo. Digli che il mio destino...

(Ma no, sol da me sappia il duol che gli sovrasta).

Digli che venga tosto a rivedermi, e basta.

 

 

 

CEC.

Ma se il padron non vuole ch'egli entri, il poverino?

 

 

 

LIV.

Pazienza. Due parole dirò dal terrazzino.

Pregalo in nome mio, che partirà ben tosto.

 

 

 

CEC.

Non si potrebbe in casa condurlo di nascosto?

 

 

 

LIV.

No, figlio mio; non lice far quel che non conviene.

 

 

 

CEC.

(Capperi, come parla! che giovane dabbene!) (da sé)

 

 

 

LIV.

Va presto, il mio Cecchino, a te mi raccomando;

Questo della padrona è l'ultimo comando.

Perdonami, se teco fu' il mio costume austero.

 

 

 

CEC.

Signora... mi perdoni... mi fa pianger davvero. (singhiozzando parte)

 

 

 

 

 

 


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