Carlo Goldoni
La donna stravagante

ATTO QUINTO

SCENA DICIANNOVESIMA

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SCENA DICIANNOVESIMA

 

Camera in casa dello staffiere, contigua al cortile del palazzo di don Riccardo.

 

Donna Livia,  poi don Rinaldo.

 

LIV.

Se per l'ultima volta qui non lo veggo in faccia,

Non so che mi risolvere, non so quel che mi faccia:

Della ragione il lume smarrisco a poco a poco.

Eccolo. Ah che dirà, veggendomi in tal loco?

LIV.

Se per l'ultima volta qui non lo veggo in faccia,

Non so che mi risolvere, non so quel che mi faccia.

Della ragione il lume smarrisco a poco a poco.

Eccolo. Ah che dirà, veggendomi in tal loco?

 

 

 

RIN.

Possono i cenni vostri trarmi 've più v'aggrada;

Anderò tra le fiamme, se a voi piace ch'io vada.

Veggovi da per tutto con gioia e con diletto,

Ma spiacemi vedervi in loco altrui sospetto.

 

 

 

LIV.

Perdonar si può bene quest'ultimo deliro,

A donna che sacrifica se stessa in un ritiro.

 

 

 

RIN.

Ah sì, di don Riccardo suo fine ha la minaccia

Me l'ostentò egli stesso barbaramente in faccia.

Dunque a sì fier comando vi rassegnaste umile?

 

 

 

LIV.

Chiudermi per suo cenno? alma non ho sì vile.

Volli il novel mio stato eleggere da me.

 

 

 

RIN.

Voi rinunziare al mondo? Idolo mio, perché?

 

 

 

LIV.

Non so. Dalla germana mi si fa un torto indegno.

In voi, più che l'amore, so prevaler lo sdegno.

M'odiano i miei congiunti, mi opprime il dolor mio

Odio l'ingrato mondo; vo' abbandonarlo. Addio.

 

 

 

RIN.

Ah, se miglior consiglio non vi favella al cuore,

Lo stato a cui cedete, per voi sarà peggiore.

Pace al ritiro invita, non ira e non impegno,

Non quel livor domestico, d'una bell'alma indegno.

Se amor di casta vita scendesse in cuor più saggio,

A costo del mio duolo saprei darvi coraggio.

Ma in voi predominando l'ira, l'affanno, il tedio,

vuol l'amor mio che vi offra più facile il rimedio.

Della germana il torto può riparar la mano

Di un che vi adora, e sdegnasi con chi l'insulta invano.

Dell'amor mio le prove con sì bel mezzo avrete.

Torna lo zio ad amarvi, docile allor che siete.

Renda sereno il viso bell'animo giocondo;

Può, chi ragione intende, viver al mondo.

Che vi par, donna Livia?

 

 

 

LIV.

Vorrei... ma il mio rossore...

La man, gli affetti vostri mi si offrono di cuore?

 

 

 

RIN.

Non ardirei di farlo, senza un consiglio interno.

V'amo, lo giuro ai numi, e vi amerò in eterno.

 

 

 

LIV.

Posso sperar che, prima della germana ardita,

Sia la destra di sposo alla mia mano unita?

 

 

 

RIN.

Può di ciò assicurarvi mia mano in sul momento.

 

 

 

 

 

 


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