Muse, canore Muse, Amor, soave foco, (alzandosi.)
Umile a voi mi volgo, voi nel grand'uopo invoco.
Ho gl'inimici a destra, che all'onor mio fan guerra:
A sinistra ho colei che co' begli occhi atterra.
M'insidiano la pace, m'insidiano la vita:
Soccorretemi, o Muse, dammi, Cupido, aita.
Scrivasi. E che? si scriva contro un nemico audace.
No. Di colei si scriva, che mi tormenta e piace.
Che se torbida invidia m'affanna e m'addolora,
Conforto tu mi rechi, bellissima Eleonora.
A te finor non dissi, ch'io t'amo e ch'io sospiro:
Tacito nutro il fuoco, smanio, peno, deliro.
De' miei deliri il mondo s'accorge, e mi deride,
Ma ignota è la cagione che me da me divide.
Se a cogliere giugnessi delle mie pene il frutto,
Racquisterei la mente, o impazzirei del tutto,
Ché ambe cagion possenti, onde ragion si scema,
Son l'estremo cordoglio e l'allegrezza estrema.
Sfogati, cuor ritroso. Di lei che non ha eguale,
Canta, ragiona, scrivi, falle onor: Madrigale (scrivendo.)
Cantava, in riva al fiume,
Tirsi, d'Eleonora,
E rispondean le selve e l'onde, onora,
E l'acque insieme e i rami:
Or chi fia che l'onori, e che non l'ami?
Sotto il nome di Tirsi canto d'Eleonora;
Fingo che in varie parti l'Eco risponda: onora.
Se questi versi miei la luce un dì vedranno,
I critici indiscreti che diran? che faranno?
Coi lirici miei carmi seguiranno il sistema
Con l'epico tenuto mio sudato poema?
Cara Gerusalemme, cara mia Liberata,
Epiteto novello avrai di Conquistata?
Sì, questa il mondo vegga sperienza d'intelletto,
Formar nuovo poema sullo stesso soggetto;
E i critici sien paghi d'aver coi lor clamori
Turbati i miei riposi, spremuti i miei sudori.
Stanza del canto quinto, ch'ora del sesto è terza,
Negli ultimi due versi dai critici si sferza:
Che nel mondo mutabile e leggiero
Costanza è spesso il variar pensiero.
Dicasi: che nel secol mutabile e leggiero.
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