Carlo Goldoni
Torquato Tasso

ATTO PRIMO

SCENA SESTA

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SCENA SESTA

 

Anticamera della Duchessa.

 

La Marchesa Eleonora avendo nelle mani il poema del Tasso in quarto, e donna Eleonora.

 

MAR.

Grazie alla sorte, alfine da' torchi uscì perfetto

Il poema del Tasso da lui stesso corretto.

In sei mesi di tempo ne uscir quattro edizioni,

Ma sui testi rapiti, pieni di scorrezioni.

Il povero poeta, che tanto ha in quel sudato,

Penò contro sua voglia mirandolo stampato;

Ed or sarà famosa, grata sarà ad ognuno

Questa edizion del mille cinquecento ottantuno.

D.EL.

In fatti meritava dal mondo più rispetto

Opera che all'Italia accresce il buon concetto;

Dagli editor stampata finor fu con malizia,

Non so se per impegno, o pur per avarizia.

MAR.

Questo, per chi lo gusta, in oggi è il miglior spasso,

Ciascun che sappia leggere, legge e rilegge il Tasso.

Il Duca signor nostro, dotto, prudente e grave,

Meco passando l'ore, gusta le dolci ottave,

Gara tra noi facendo chi con maggior franchezza

Sa rilevar dei versi lo spirto e la bellezza.

D.EL.

Ditemi in confidenza, come vi piace, amica,

Stanza che, s'io non erro, mi par che così dica:

Teneri sdegni, e placide e tranquille

Repulse, e cari vezzi, e liete paci,

Sorrisi, parolette e dolci stille

Di pianto, e sospir tronchi, e molli baci.

MAR.

Tenero amor si sente ne' vivi carmi espresso.

D.EL.

Dite, tra 'l Duca e voi li ripetete spesso?

MAR.

Donna Eleonora, intendo. Pungermi voi cercate.

D.EL.

Pungervi? la mezzana vi farò, se 'l bramate.

Vedova siete voi, vedovo è il Duca ancora.

Dama nasceste, il Prence vi venera e vi adora:

Gran cosa non sarebbe se anch'ei, per viver queto,

Volesse fare un dolce matrimonio segreto.

MAR.

D'altro parliamo, amica: io son, per suo favore,

Della Duchessa madre damigella d'onore.

A tanto non aspiro, so che tanto non merto;

Coi versi di Torquato mi spasso e mi diverto;

E i versi del poeta mi dan tanto piacere,

Che in leggerli talora spendo le notti intere.

D.EL.

Marchesa, lo sapete, io son d'allegro umore:

Vi piace il suo poema, o piacevi l'autore?

MAR.

Vi dirò: dell'autore ho qualche stima, è vero,

Ma è troppo melanconico, troppo in volto ;

so come prodotte abbia sì dolci rime,

Un uom che nel vederlo nera mestizia imprime.

Ammiro il suo talento, gradisco i carmi sui,

Ma egual piacer non trovo a conversar con lui.

D.EL.

Io, io lo sveglierei, se non fosse un riguardo.

MAR.

Temete che geloso di voi sia don Gherardo?

D.EL.

Mio marito, per dirla, non credo sia geloso;

Si fida, e può fidarsi. Ma è piuttosto curioso.

Vuol veder, vuol sapere. È ver che guarda e tace;

Ma ch'egli tutto sappia, qualche volta mi spiace.

 

 

 


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