Carlo Goldoni
Torquato Tasso

ATTO SECONDO

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ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

 

Torquato e Targa servitore.

 

TOR.

Vieni qui... la mia spada. (a Targa.)

TAR.

Signor...

TOR.

La spada mia. (crescendo nello sdegno.)

TAR.

Con chi l'avete?

TOR.

Presto.

TAR.

Questa è un'altra pazzia.

TOR.

Temerario!

TAR.

M'avete detto ch'io vi avvertisca,

Quando mi par, signore, che il cervello patisca.

TOR.

Ah, dell'ira si freni l'impeto micidiale.

Ritirati, per ora.

TAR.

Sì, signor, manco male. (si ririra.)

TOR.

A sé mi chiama il Duca; fa che l'udienza aspette;

Prima di me all'udienza il Cavaliere ammette.

Entro: mi guarda appena; poi, con severo ciglio,

Che di Ferrara io parta dar mi vuol per consiglio

Consiglio d'un sovrano, comando è in caso tale.

Stelle! si vuol ch'io parta? Che mai fatto ho di male?

È ver che d'una colpa porto macchiato il cuore;

Ma noto esser non puote il mio segreto amore.

E al mio signor, se note fosser le mie catene,

Quella per cui sospiro, a lui non appartiene.

Ma a figurar ragioni perché invan m'affatico?

Il cuor del mio sovrano sedotto ha il mio nemico

Perfido! a' tuoi disegni troncar saprò la strada:

Targa, Targa.

TAR.

Signore.

TOR.

Portami la mia spada.

TAR.

La spada?

TOR.

Sì, fa presto.

TAR.

Ecco qui, siam da capo.

TOR.

Non mi stancar.

TAR.

Badate, torna a girarvi il capo.

TOR.

Misero me! La bile sento che mi divora.

TAR.

Un bicchier d'acqua fresca.

TOR.

Vattene alla malora.

TAR.

Un po' di sangue...

TOR.

Indegno, vanne, ch'io non t'ammazzi.

TAR.

Comincio a dubitare che i poeti sian pazzi. (parte.)

 

 

 


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