Carlo Goldoni
Torquato Tasso

ATTO TERZO

SCENA DECIMA

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SCENA DECIMA

 

Il Cavaliere del fiocco e detto.

 

CAV.

Signor, vi riverisco.

TOM.

Schiavo suo.

CAV.

Favoritemi.

Vossignoria chi è?

TOM.

Chi son mi?

CAV.

Compatitemi.

Un forestiere in Corte non è cosa dicevole

Non renda del suo grado il Prence consapevole;

Conciossiacosaché, se vi celate, io dubito

Battere le calcagna di qua dovrete subito.

TOM.

Del nome e della patria ve dirò ogni menuzzolo;

Tutto quel che volè, caro compare sdruzzolo.

Mi me chiamo Tomio, son nato venezian,

Vivo d'intrada, e i dise che fazzo el cortesan.

No son vegnù a Ferrara per cabale o per truffe,

Non ho lassà Venezia per stocchi o per baruffe;

Son vegnù per el Tasso, la verità ve digo.

Ve basta? Voleu altro? Disè su, caro amigo.

CAV.

Veniste per il Tasso? Il Tasso, affé, non merita

Che muovasi per lui persona benemerita.

È un uomo effeminato, nel di cui petto domina

Amor per una donna, che Eleonora si nomina.

Un che stimato viene pochissimo in Etruria,

Che mostra ne' suoi carmi di termini penuria,

Che sbaglia negli epiteti, che manca nei sinonimi,

Non merta che s'apprezzi, non merta che si nomini.

Nemico della Crusca, degn'è di contumelia;

E voi gli siete amico? No, no, farete celia.

TOM.

Cossa vuol dir far celia?

CAV.

I termini s'abbellano.

Fate celia si dice a quelli che corbellano.

TOM.

Come sarave a dir, in lingua veneziana,

Me piantè una carota, me contè una panchiana.

CAV.

Vari in ogni paese si sentono i riboboli:

Altro è il dir di Camaldoli, altro è il parlar di Boboli.

Ciriffo e il Malmantile ad impararli aiutano,

Ma quelli per Torquato son termini che putono.

TOM.

E termini per mi xe questi, patron caro,

Che par che i me principia a mover el cataro.

Voleu altro da mi?

CAV.

Vogliovi a iosa ostendere

Le imperfezion del Tasso, che non si pon difendere.

TOM.

Diseghene mo una.

CAV.

Ecco ch'io ve la spiffero

La prima melonaggine suonata a suon di piffero:

Sdegno guerrier della ragion feroce.

In tali gaglioffaggini il babuasso impegnasi.

Ragion non è feroce, la ragion non isdegnasi.

Schicchera paradossi, squaderna falsi termini,

Che fan muovere i bachi.

TOM.

Che vol mo dir?

CAV.

I vermini.

TOM.

Seu fiorentin?

CAV.

Nol sono, ma della lingua vantomi,

E cuopromi col vaglio, e col frullone ammantomi.

Son cavalier, son tale che ha veste, e può decidere;

E appresi la farina dalla crusca a dividere.

TOM.

Caro sior cavalier, siben son venezian,

Mi me ne son incorto, che no gieri toscan.

Usa i Toscani, è vero, bone parole e pure,

Ma usar no i ho sentii le vostre cargadure.

Capaci eli no xe de dir dei barbarismi,

Ma gnanca no i se serve dei vostri latinismi.

La critica ho sentio del verso de Torquato;

Son qua, sior cavalier, son qua, sior letterato.

Risponderò, come da me si suole,

Liberi sensi in semplici parole.

Sdegno guerrier: distingue el sdegno del valor

Da quel che per la rabbia degenera in furor.

Sdegno della ragion: ogni moral insegna,

Che anca la virtù stessa colla rason se sdegna;

E la ragion feroce sona l'istessa cosa,

Che dir la ragion forte, la ragion valorosa.

Coi occhi della mente esaminè Rinaldo,

Un omo figureve che per amor sia caldo,

Che se ghe leva el velo dai occhi impetolai,

Che se ghe sciolga in petto i spiriti incantai;

Se sveglia la rason, e la rason se accende

De quel sdegno guerrier, che el so dover comprende;

E tanto pol el scudo, e tanto pol la voce

D'Ubaldo, che deventa sdegno guerrier feroce;

Onde rason rendendo l'omo sdegnoso e forte,

Rinaldo abbandonando della maga le porte,

Squarciossi i vani fregi e quelle indegne

Pompe, di servitù misere insegne.

CAV.

Cotesta cantafera è badiale e ridicola,

Ma chi cinguetta a aria, zoppicando pericola.

Tasso par tutto il mondo, ma il parere e non essere,

È come giustamente il filare e non tessere.

Vi proverò col testo, ch'ei non è autor dell'opera;

Che Omero, Dante, Ovidio e il buon Virgilio adopera;

Che veste l'altrui penne la garrula cornacchia,

Che cigno di palude non modula, ma gracchia.

Atto a condur dassezzo più che la penna il vomero,

Merta che si coroni di buccie di cocomero.

 

 

 


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