Carlo Goldoni
Torquato Tasso

ATTO QUARTO

SCENA TREDICESIMA

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SCENA TREDICESIMA

 

Torquato e detti.

 

TOR.

Godo trovarvi unite.

MAR.

Godo vedervi anch'io.

D.EL.

Che da noi comandate?

TOR.

Dirvi per sempre addio.

D.EL.

Come?

MAR.

Perché?

TOR.

Ch'io parta vuol l'avverso destino:

Andrò per l'ampia terra disperso pellegrino.

GHE.

(Esce pian piano, e si va accostando per ascoltare.)

TOR.

Mi vuole il mio Sovrano lontan dalla sua Corte;

Andrò dove mi guida la barbara mia sorte.

GHE.

(Vuole andar via, non vuole svelar l'occulto affetto).

D.EL.

Non è tiranno il Prence. Si sa quel ch'egli ha detto.

Vuol saper di Torquato quale la fiamma sia;

Basta, perché restiate, troncar sua gelosia.

GHE.

(Sentiam cosa risponde).

MAR.

Basta, perché restiate,

Dir ch'è donna Eleonora quella che più stimate.

GHE.

(Oh, la sarebbe bella!)

D.EL.

Dirlo non può.

TOR.

L'arcano

Dal labbro il mondo tutto cerca strapparmi invano.

Amo, egli è ver pur troppo: d'amar solo m'appago;

Son di mercede indegno, son di pietà non vago.

Par che non s'ami al mondo, che per goder soltanto;

D'amar senza speranza vuole Torquato il vanto;

E ricusando ancora d'amorstrano il merto,

Delle mie fiamme al mondo serbo l'oggetto incerto.

Pietà desti il mio caso in chi l'ascolta e vede:

Serva d'esempio altrui l'onor mio, la mia fede;

E ognun che ha cuore in petto, pria che d'amor s'accenda,

A esaminar le fiamme, a paventarle apprenda.

Belle in man di Cupido sembrano le catene,

Veder non lascia un cieco quel che a noi non conviene;

E quando fra' suoi lacci stretti siam dal tiranno,

Allor di noi si ride, mostrandoci l'inganno.

Intendami chi puote: spiegano i detti miei

Ch'io tal bellezza adoro, che adorar non dovrei.

Ma tali e tante sono quelle del nobil sesso,

Che per se stessa ognuna può interpretar lo stesso.

GHE.

(Torno ad esser dubbioso).

MAR.

Torquato, i vostri detti

Che spieghino non poco parmi gli occulti affetti.

Rimorso voi provate al vostro cuor fatale.

Donna Eleonora è moglie.

GHE.

(Affé, non dice male).

TOR.

Interpretar si tenta gli occulti sensi invano.

D.EL.

V'ingannate, Marchesa. Io spiegherò l'arcano.

Sa che del Duca voi sarete a momenti;

È pieno per il Duca d'onesti sentimenti;

Però...

TOR.

Che? la Marchesa sposerà il suo signore?

D.EL.

La parola gli ha data.

TOR.

Quando?

D.EL.

Saran poch ore.

TOR.

È ver? (alla Marchesa.)

MAR.

Maravigliate?

TOR.

Dite s'è vero.

MAR.

Sì.

TOR.

(Ah, soffrirlo non posso).

MAR.

Volea...

TOR.

Basta così. (ammutolisce.)

GHE.

(Zitto, che ora si scuopre).

D.EL.

(Dubito ch'ella sia).

MAR.

(Si svelerà l'arcano, se di me ha gelosia).

TOR.

(Son fuor di me).

D.EL.

Torquato, che vuol dir? Vi dispiace

Ch'ella si sposi al Duca?

TOR.

Deh, lasciatemi in pace.

MAR.

Se avete di me stima, se ragionevol siete,

Ciò vi darà conforto.

TOR.

Deh per pietà, tacete.

GHE.

(La Marchesa senz'altro).

TOR.

Qual dal mio cuore ascende

Fiamma insolita, atroce, che la testa m'accende?

Dove son? chi mi regge?

D.EL.

Ohimè! diventa matto.

MAR.

Deh, pensate a voi stesso.

GHE.

(Voglio scoprirlo affatto).

TOR.

Donne... pietose donne... ohimè... Torquato è pazzo.

GHE.

Mi rallegro con voi. (a Torquato.)

TOR.

Vattene, o ch'io t'ammazzo. (impugna la spada contro don Gherardo.)

GHE.

(Fugge via.)

 

 

 


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