Carlo Goldoni
Torquato Tasso

ATTO QUINTO

SCENA TREDICESIMA

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SCENA TREDICESIMA

 

Targa e detti; poi il Cavalier del fiocco

 

TAR.

Viene, signor padrone, un altro forestier.

TOR.

Venga, sarà Patrizio. (Targa parte.)

TOM.

Addio, sior Cavalier. (al Cavalier che viene.)

CAV.

Ecco, qual le bertucce cinguettano a proposito:

Dicesi addio, partendo; giugnendo, è uno sproposito.

TOM.

Sior correttor de stampe, mi parlo a modo mio;

Se cussì no ve comoda, tirè el saludo indrio.

Andè quando volè, vegnì quando ve par,

No ve saludo più, ve mando... a saludar.

TOR.

Ma il forestier dov'è?

CAV.

Or or verrà Patrizio:

Quel ch'appo il Duca nostro reca per voi l'auspizio.

Verrà, ma se Torquato non è al partir celerrimo,

Diverrà il Prence allotta col tracotante acerrimo.

MAR.

Sì, partirà Torquato. Sì, partirà a momenti;

Saranno i suoi nemici, saran tutti contenti.

CAV.

Vada a purgar la lingua dove i suoi par si cribrano;

Dove le doppie lettere col doppio suon si vibrano;

Dove farina e crusca con il frullon si scevera;

Dove nel latte gongola, chi d'Arno mio s'abbevera.

TOM.

El vegnirà a Venezia, e el se consolerà.

FAZ.

Napole è deliziusa.

TOM.

Venezia è una città

Bella, ricca, amorosa; tutti el sa, tutti el dise.

FAZ.

Napole è dello munno lo chiù bello paise.

CAV.

Firenze ha consolevole l'acqua, la terra e l'etera.

FAZ.

Vedi Napoli, e mori.

TOM.

Vedi Venezia, etcetera.

 

 

 


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