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ORAZIO Ecco il signor Lelio, che viene con passo grave. Farà probabilmente qualche scena.
LELIO Sono stato per rivedere la mia bella, e non avendo avuto la fortuna di ritrovarla, voglio portarmi a rintracciarla al mercato.
ORAZIO Signor Lelio, con chi intendete di parlare?
LELIO Non vedete, ch'io recito?
ORAZIO Capisco, che recitate; ma recitando, con chi parlate?
LELIO Parlo da me stesso. Questa è un'uscita, un soliloquio.
ORAZIO E parlando da voi medesimo, dite: Sono stato a riveder la mia bella? Un uomo da se stesso, non parla così. Pare, che venghiate in scena a raccontare a qualche persona dove siete stato.
LELIO Ebbene, parlo col popolo.
ORAZIO Qui vi voleva. E non vedete, che col popolo non si parla? Che il comico deve immaginarsi, quando è solo, che nessuno lo senta, e che nessuno lo veda? Quello di parlare col popolo è un vizio intollerabile, e non si deve permettere in verun conto.
LELIO Ma se quasi tutti quelli, che recitano all'improvviso fanno così. Quasi tutti, quando escono soli vengono a raccontare al popolo dove sono stati, e dove vogliono andare.
ORAZIO Fanno male, malissimo, e non si devono seguitare
LELIO Dunque non si faranno mai soliloqui.
ORAZIO Signor sì, i soliloqui sono necessari per ispiegare gl'interni sentimenti del cuore, dar cognizione al popolo del proprio carattere, e mostrar gl'effetti, e i cambiamenti delle passioni.
LELIO Ma come si fanno i soliloqui senza parlare al popolo?
ORAZIO Con una somma facilità: sentite il vostro discorso regolato, e naturale. Invece di dire: Sono stato dalla mia bella, e non l'ho ritrovata; voglio andarla a ricercare, ecc. Si dice così: Fortuna ingrata, tu che mi vietasti il contento di rivedere nella propria casa il mio bene, concedimi che possa rinvenirla...
ORAZIO Oh questa è più graziosa! Volete andar a ritrovare la vostra bella al mercato?
LELIO Sì signore, al mercato. Mi figuro, che la mia bella sia una rivendugliola, e se mi aveste lasciato finire, avreste sentito nell'argomento, chi sono io, chi è colei, come ci siamo innamorati, e come penso di conchiudere le nostre nozze.
ORAZIO Tutta questa roba volevate dire da voi solo? Vi serva di regola, che mai non si fanno gli argomenti della commedia da una sola persona in scena, non essendo verisimile, che un uomo, che parla solo, faccia a se stesso l'istoria de' suoi amori, o dei suoi accidenti. I nostri comici solevano per lo più nella prima scena far dichiarare l'argomento, o dal Pantalone col Dottore; o dal padrone con il servo, o dalla donna colla cameriera. Ma la vera maniera di far l'argomento delle commedie senza annoiare il popolo, si è dividere l'argomento stesso in più scene, e a poco, a poco andarlo dilucidando, con piacere, e con sorpresa degli ascoltanti.
LELIO Orsù, signor Orazio, all'improvviso non voglio recitare. Voi avete delle regole, che non sono comuni, ed io che sono principiante, le so meno degli altri. Reciterò nelle commedie studiate.
ORAZIO Bene; ma vi vuol tempo avanti che impariate una parte, e che io vi possa sentire.
LELIO Vi reciterò qualche cosa del mio.
ORAZIO Benissimo; dite su, che v'ascolto.
LELIO Vi reciterò un pezzo di commedia in versi.
ORAZIO Recitateli pure. Ma ditemi in confidenza, sono vostri?
ORAZIO E di chi sono?
LELIO Ve lo dirò poi. Questa è una scena, che fa il padre colla figlia, persuadendola a non maritarsi.
Figlia, che mi sei cara quanto mai
Dir si possa, e per te sai quanto ho fatto.
Prima di vincolarti con il durissimo
Laccio del matrimonio, ascolta quanti
Pesi trae seco il coniugal diletto.
Bellezza, e gioventù preziosi arredi
Della femmina, son dal matrimonio
Oppressi e posti in fuga innanzi al tempo.
Vengono i figli. Oh dura cosa i figli!
Il portarli nel seno, il darli al mondo,
L'allevarli, il nudrirli sono cose,
Che fanno inorridir! Ma chi t'accerta,
Che il marito non sia geloso, e voglia
A te vietar quel ch'egli andrà cercando?
Pensaci, figlia, pensaci, e poi quando
Avrai meglio pensato; sarò padre
Per compiacerti come ora lo sono
Per consigliarti.
ORAZIO Questi effettivamente non paiono versi, e duro fatica a credere, che siano versi.
LELIO Volete sentire se sono versi? Ecco, udite, come si fanno conoscere quando si vuole. (recita i medesimi versi declamandoli, per far conoscere il metro)
ORAZIO È vero, sono versi, e non paiono versi. Caro amico, ditemi di chi sono?
LELIO Voi gli dovreste conoscere.
ORAZIO Eppure non gli conosco.
LELIO Sono dell'autore delle vostre commedie.
ORAZIO Com'è possibile, s'egli non ha mai fatto commedie in versi, e ha protestato di non volerne fare?
LELIO Effettivamente non ne vol fare; ma a me, che sono poeta mi ha confidato questa sua scena.
LELIO Lo conosco, e spero arrivar anch'io a comporre delle commedie com'egli ha fatto.
ORAZIO Eh figliuolo, bisogna prima consumar sul teatro tanti anni, quanti ne ha egli consumati, e poi potrete sperare di far qualche cosa. Credete ch'egli sia diventato compositore di commedie ad un tratto? L'ha fatto a poco a poco, ed è arrivato ad essere compatito dopo un lungo studio, una lunga pratica, ed una continova instancabile osservazione del teatro; dei costumi, e del genio delle nazioni.
LELIO Alle corte, sono buono da recitare?
ORAZIO Siete sufficiente.
LELIO Mi accettate nella vostra compagnia?
ORAZIO Vi accetto con ogni soddisfazione.
LELIO Quand'è così, son contento. Attenderò a recitare, e lascierò l'umore del comporre; giacché per quel, che sento, sono tanti i precetti d'una commedia, quante sono per così dire le parole, che la compongono. (parte)